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No alla deriva

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21 maggio 2018

Anche i nomi hanno importanza


Dopo aver redatto un contratto che è in larga parte condivisibile recuperando molti dei temi del Centro Destra e scontando, perchè inevitabile, le concessioni ai Cinque Stelle nell'ambito del miglior compromesso possibile, adesso tocca ai nomi.
Forse già oggi sapremo di più così, ma nel momento in cui scrivo (poco prima della partita del Bologna a Udine) non avendo certezze ma solo quello che viene detto nei radio e telegiornali e scritto sui quotidiani, esprimo una mia opinione.
Che parte dall'ipocrisia del Quirinale che sembra abbia preteso di parlare di ministri solo con il premier incaricato.
Una bella ipocrisia, visto che il premier non dovrà fare altro che applicare il contratto e tutti sanno che le azioni di controllo del governo le hanno in mano Salvini e Di Maio.
Sembra inoltre che il Quirinale complotti per imporre nomi di sua fiducia, quindi dei cosiddetti "tecnici" nei ministeri più importanti (Esteri, Economia, Difesa) cercando di rendere il tutto indigesto a Salvini per costringerlo a mandare all'aria tutto quanto e quindi realizzare quel governo finto neutrale, infarcito da parrucconi di regime.
Sembra infine che Mattarella stia istigando Berlusconi perchè sottragga in qualche modo dei senatori alla Lega e renda minoritario il nascituro governo.
Inaccettabile.
Tutto quanto.
E' vero che indipendentemente da chi andrà al governo, sia esso un tecnico gradito a Bruxelles o un politico determinato sui principi e valori espressi dal contratto, non potrà fare altro che applicare, rigidamente, l'accordo contrattuale.
Per cui se anche un servo della Merkel fosse premier o ministro dell'economia e realizzasse la flat tax, abolendo la Fornero, sarei soddisfatto.
Ma l'esperienza di Ruggiero come ministro degli esteri nel primo governo Berlusconi racconta un'altra storia, di come, pur formalmente rispettando le direttive di governo, costui agisse sistematicamente contro la linea ufficiale del governo fino a doversi dimettere, ma comunque rallentandone l'azione e, in definitiva, affossando la spinta propulsiva che sarà tale solo per i primi mesi, come sempre in ogni governo.
Così, pur non apprezzandolo nè stimandolo, preferirei sopportare il disgusto di vedere Di Maio premier, piuttosto che un parruccone accademico che non ha raccolto un solo voto popolare.
Analogamente per i ministeri più importanti.
Se Mattarella, dimostrandosi degno emulo del suo predecessore nelle interferenze pur essendo stato eletto da una maggioranza spazzata via dal voto popolare del 4 marzo e che comunque era fondata su traditori del voto popolare del 2013 ed essendo quindi privo di legittimità popolare, cercasse di imporre "tecnici" agli esteri, economia, difesa, con l'idea di rallentare, imbrigliare e affossare l'azione di governo, allora meglio far saltare tutto e affrontare una campagna elettorale nella quale, oltre a ribadire le proprie idee e valori, si imputi a Mattarella un comportamento elusivo dei suoi doveri di imparzialità, dimostrandosi solo il presidente del vecchio patto del Nazareno.
Mi aspetto quindi che Salvini e Di Maio offrano agli Italiani una autentica alternativa populista e sovranista, anche nei nomi dei ministri, senza cedere alle pressioni di un Quirinale sempre più garante di Bruxelles che degli interessi nazionali.






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