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No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

01 dicembre 2014

Grandi manovre, grandi imbrogli



Le elezioni regionali in Emilia Romagna (quelle in Calabria sono diverse per le modalità di scelta degli elettori locali) ci hanno confortato perché gli elettori di Centro Destra (pur pochi in quella regione) non hanno abboccato alla mistificante campagna tendente a presentare il parolaio del Granducato come l’erede di Berlusconi o, comunque, come l’alfiere di idee di Centro Destra.
I voti persi dai comunisti ci dicono che non solo Renzi si è alienato l’estrema sinistra del suo partito, ma non ha convinto chi del comunismo è sempre stato fiero nemico.
D’altra parte il successo di Salvini e della Lega Nord ci consente di affermare che l’emorragia del nostro elettorato verso lidi vanamente protestatari (Grillo) o verso l’astensione, si è fermata, ma ancora non è stata recuperata la fiducia nelle formazioni politiche che si presentano sotto l’ombrello del Centro Destra.
In sostanza possiamo dire che l’Emilia Romagna si è svegliata meno moderata e più radicale nelle scelte.
Questo non impedisce alla stampa per ora ancora impegnata nell’azione di puntello al presuntuoso fiorentino, di continuare a vendere il suo prodotto come una scelta moderata e innovatrice.
Il pericolo che qualcuno abbocchi nelle file del Centro Destra esiste, anche se è marginale per la maggior coscienza individualista (croce e delizia, forza e debolezza della Destra) che permea il nostro elettorato, rispetto alla concezione da gregge della sinistra.
Soprattutto questo potrebbe accadere in un quadro dove la cgil, cui l’Uomo di Destra è fortemente ostile, attacca e sciopera contro Renzi, obbligandoci a non aderire ad una manifestazione che, per l’obiettivo di abbattere il putto toscano, ci troverebbe diversamente ben disposti.
Ma il fatto che i Vendola, i D’alema, i Bersani, i Fassina, cioè l’anima più arretrata della sinistra (ancora e sempre tutta comunista) complottino ai danni di Renzi, ci istiga ad una maggiore comprensione verso il presidente del consiglio.
Sarebbe uno sbaglio, un errore che pagheremmo carissimo.
Renzi applica solo la teoria di Lenin di cercare il consenso anche con l’inganno, sostenuto in questo caso dai giornalisti pagati dagli industriali che hanno interesse ad ottenere dal governo rottamazioni, agevolazioni, legislazioni di favore, ma non attua una sola politica che possa essere considerata di Destra o anche solo di Centro Destra.
Facile dimostrarlo con la questione delle tasse, che Renzi ha aumentato sui risparmi, sui fondi pensioni, su quelli professionali e che non ha minimamente ridotto sulle case e sui redditi lasciando l’opera di macelleria sociali agli enti locali.
Facile ancora dimostrarlo sulla legislazione apparentemente “a costo zero”, come la politica immigratoria che vede Renzi sostenere lo ius soli, la cittadinanza e il voto per gli immigrati, l’operazione mare nostrum come farebbe un qualsiasi governo comunista.
Altrettanto si può dire della politica di assecondare i capricci omosessuali invece di agire per difendere le fondamenta morali di una Nazione civile come noi pensiamo ancora di essere.
L’adesione poi all’europa, al partito socialista europeo è la dimostrazione che Renzi non ha nulla in contrario ad un internazionalismo marxista che, dopo la caduta del comunismo sovietico, ha trovato nella dittatura di Bruxelles il suo idolo d’oro.
Ma, potrebbe dire qualcuno, il job act, ma la riforma elettorale e costituzionale …
La presunta riforma costituzionale si riduce, in sostanza, nell’espropriare i cittadini dalla possibilità di eleggere il senato e le province.
Un atteggiamento tipico dei regimi comunisti che meno chiamavano al voto il Popolo meglio si puntellavano.
La riforma elettorale, ugualmente, viene sistematicamente modificata in base ai sondaggi per cercare di farla uscire tale non da rappresentare la volontà popolare, ma per consentire a Renzi di vincere senza sorprese, come nella pubblicità "ti piace vincere facile"
Da qui i premi, gli sbarramenti (ben cinque !) che si alzano e si abbassano a seconda delle convenienze del momento, un comportamento tipicamente comunista.
Quanto al job act , tanto rumore per nulla.
L’art. 18 resta, lo statuto dei lavoratori (una legge vecchia e stravecchia che risale al 20 maggio 1970 ma che fu elaborata nei cinque anni precedenti, quindi vecchia come mentalità, come impostazione, come struttura, studiata per un mondo che, da tempo, non esiste più) resta, come restano tutte le clientele che sopravvivono alla fine del significato della loro esistenza.
E anche questo è tipico della mentalità comunista, quello di perpetuare il proprio potere (basti guardare alle coop o al cambiamento del nome del partito, sempre quello) cambiando solo l'immagine.
Il pericolo, quindi, è quando sento amici di una vita che dicono “ma Renzi ha esautorato i comunisti”.
Non è vero.
Renzi, come già fece Stalin con Trostky o Breznev con Kruscev, ha sostituito la sua alla vecchia nomenklatura del partito, riuscendo a dare l’immagine di un partito rinnovato ma, in realtà, tutti i suoi provvedimenti e le sue scelte, sono in linea con il comunismo di sempre, con le sole priorità cambiate perché i tempi sono mutati.
Bene, quindi, che Renzi non abbia sfondato la diffidenza ragionata e fondata dell’elettorato del Centro Destra, ma adesso tocca a Salvini, Meloni, Fitto, Tosi, Storace e, soprattutto, al Padre Nobile Silvio Berlusconi, recuperare il consenso di chi si è ritirato nell’astensionismo.
E lo si può fare solo imboccando con decisione e tutti assieme la strada che ha indicato Salvini: impegno sul territorio, nei salotti televisivi, nelle votazioni in parlamento, per quei Valori di sempre del Centro Destra:
  • no alle tasse
  • no all’immigrazione per garantire l’Italia agli Italiani e agli Italiani Benessere e Sicurezza
  • no ad assecondare i capricci omosessuali
  • no all’euro e all’unione sovietica europea.




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