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No alla deriva

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16 settembre 2012

Una riforma malvista


Da un anno ce la menano con la necessità della riforma del sistema elettorale.
Napolitano ne ha fatto il ritornello dei suoi senili sermoni, mentre non c’è politico, commentatore, aspirante leader, antipolitico che si esprima in termini poco meno che volgari sull’attuale sistema elettorale.
Però non si sono ancora accordati su come andare a votare.
Spesso è sembrato che si fosse vicini ad una soluzione, con alchimie e dosaggi degni del conte di Cagliostro, ma poi non è apparsa alcuna fumata bianca.
Il problema è che il sistema elettorale non è neutro.
A seconda di quel che sarà, potrà avvantaggiare questo o quel contendente.
Bersani (a proposito: “imparasse” ad usare il congiuntivo !) ha ragione nel definire il proporzionale una “palude” nella quale sguazzerebbero Casini e i centristi che potrebbero, con il loro 5-6% offrirsi sul mercato come facevano i socialisti nella prima repubblica restando al governo nazionale con i democristiani e in quelli locali con i comunisti dove questi erano maggioranza.
Ma la ragione di Bersani è interessata, visto che tutti i sondaggi indicano, allo stato, una netta prevalenza della sinistra sul Centro Destra, mentre il recupero in corso da parte del Pdl renderebbe per loro problematica una vittoria se il premio dovesse andare al partito e non alla coalizione.
Per il Pdl il ragionamento è inverso e mentre ha la possibilità, grazie a quel valore aggiunto che è Berlusconi, di conseguire una vittoria se si guardasse solo ai singoli partiti, dovrebbe spolmonarsi per recuperare una coalizione in grado di superare la sinistra.
Il discorso sulle preferenze è marginale e spesso trasversale, anche se i due sistemi che si fronteggiano (collegi tipo provinciali vs. preferenze interne alla lista nelle circoscrizioni) ha ancora una ricaduta a favore degli uni o degli altri.
In collegi tipo provinciali, prevale, in un ambito territoriale, non il candidato che abbia più voti (salvo casi particolari di maggioranze qualificate) ma i candidati che, all’interno della propria lista, hanno ottenuto nel loro collegio la maggior percentuale di voti.
Questo significa che se io sono candidato nel collegio di Bologna Nord e a Bologna il mio partito otterrà un solo seggio sui cinque ipoteticamente disponibili, potrei fare campagna elettorale non solo per far votare gli elettori del mio collegio per me, ma anche per far votare gli elettori degli altri collegi per un candidato di un altro partito, indebolendo i miei stessi concorrenti.
Questo sistema favorisce i comunisti, che sono massa e, come nella famosa barzelletta, danno tutto al partito, contro il Centro Destra dove siamo individualisti e agiamo per il nostro personale successo.
Viceversa, proprio queste caratteristiche, favorirebbero la raccolta di voti nel Centro Destra se ci fossero preferenze all’interno di una lista, perché tutti i candidati lotterebbero per conseguire voti individuali che si trasformerebbero in voti di partito, mentre i comunisti eleggerebbero, come sempre, quelli indicati dal politburo e non porterebbero alla lista quel plus che è rappresentato dalla battaglia individuale.
Bersani, Alfano, Casini, Maroni lo sanno benissimo tutto questo e agiscono per ottenere la legge elettorale più favorevole alle proprie esigenze, solo che ci raccontano una favola ammantata da nobili ideali come se fossimo tutti “compagni” delle cellule cui possono dire tutto o il contrario di tutto, tanto “purchè sia scritto sull’Unità” …
E se, invece, ci tenessimo con una sola modifica (introdurre il premio di maggioranza per collegio nazionale e non regionale come volle Ciampi) la attuale legge ?
Magari con una piccola modifica costituzionale che porti a decadere i parlamentari che tradissero la coalizione per la quale sono stati eletti ?
L’attuale legge è la migliore per noi Italiani.
Con il premio di maggioranza di Coalizione consente la governabilità.
Con il sistema di coalizione consente a tutti i partiti di mantenere la propria identità, alleandosi preventivamente con quelli più affini ed evitando di tradire il voto degli elettori con alleanze decise nei corridoi dei palazzi dopo le elezioni.
Questo sistema spazzerebbe via le terze forze come Casini che non potrebbe reggere altri cinque anni fuori dai posti di potere.
Certo, c’è, in base ai sondaggi, la controindicazione della possibile vittoria dei comunisti.
Ma vi sono anche altre considerazioni:
  1. questa legge obbligherebbe il Centro Destra a rinunciare ai personalismi ed a collegarsi in una unica coalizione, lasciando ad ogni forza la sua identità;
  2. obbligherebbe a stringersi attorno ad un Leader che non potrà che essere Silvio Berlusconi, spazzando via ogni ruggine che deriverebbe da una lotta fratricida;
  3. con l’autoeliminazione di Casini e Fini, che o si alleerebbero alla sinistra perdendo ogni credibilità residua (se ancora ne avessero) sul fronte “moderato” o andrebbero da soli per raccogliere le briciole, si potrebbe essere più fiduciosi in una pattuglia di parlamentari coesi e decisi che, finalmente, seguirebbe con più fedeltà il Leader;
  4. anche nel 2006 la coalizione di Berlusconi partiva strabattuta dai sondaggi, ma poi perse per soli venticinquemila voti tra l’altro usciti in modo dubbio dagli scrutini;
  5. la sinistra per vincere deve stare tutta assieme e magari con l’innesto di qualche “indipendente” centrista se non addirittura di qualche partito di centro. Non riuscì a governare per le profonde differenze e i dissidi interni nel 1996 e nel 2006, non ci riuscirebbe oggi. Sarebbe solo capace di aumentare le tasse, approvare leggi di devianza morale e, quindi, di perdere senza appello le elezioni successive.
Se io fossi Berlusconi ci proverei abbandonerei ogni tatticismo e ci starei a dare strenua battaglia al nemico con la legge elettorale vigente.



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