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14 settembre 2012

Nuova democrazia


In questo blog ho più volte affrontato il tema della democrazia, come era intesa e come viene oggi interpretata.
La democrazia come momento di passaggio, secondo l’anaciclosi di Polibio, oppure come faro di riferimento immutabile delle teorie politiche fondate sulla sovranità del Popolo.
La democrazia, dunque, come “il peggior sistema politico escludendo tutti gli altri” secondo la ancora insuperata definizione che ne diede Sir Winston Churchill.
Ma la democrazia come è intesa oggi non è la stessa che praticavano ad Atene o a Roma, dove, ad esempio, solo una minima parte della popolazione era investita del diritto all’elettorato attivo e passivo, mentre le donne ne erano comunque escluse.
Differente anche, per le modalità e le opportunità di diffusione delle idee, alla democrazia come era applicata negli anni cinquanta e sessanta.
Oggi possiamo e dobbiamo invece interrogarci, violando un tabù consolidato, se la democrazia intesa come parlamentarismo, come sistema di controlli reciproci, come piazza aperta grazie agli strumenti di comunicazione a disposizioni, sia ancora un bene o non, piuttosto, una palla al piede per lo sviluppo sociale ed economico di una nazione.
Credo che nessuno possa contestare l’opportunità, anzi la necessità di un intervento del Popolo, inteso come insieme dei cittadini in possesso dei requisiti di cittadinanza ma anche e soprattutto di nazionalità, nella scelta di chi debba guidarli.
E’ il “dopo” che, a mio avviso, deve essere rivisto.
Il parlamentarismo impedisce lo sviluppo di una politica organica ed omogenea, ma porta alla frammentarietà di provvedimenti che, nei vari passaggi in aula, vengono ad essere modificati fino, a volte, ad essere stravolti.
Il potere giudiziario interferisce pesantemente sulle scelte degli eletti dal Popolo, costituendo, di fatto, una censura contraria a quel che il Popolo aveva deciso.
Una presidenza della repubblica non eletta dal Popolo come quella italiana, rappresenta un ulteriore ostacolo al dispiegarsi di un progetto di governo che, pure, aveva ottenuto l’investitura popolare tramite elezioni.
Il tradimento dei parlamentari eletti per una lista che, per meri interessi personali (o addirittura antipatie individuali) pur ammantando la loro scelta con nobile e retoriche parole ideali, compromette la solidità di una maggioranza sulla carta in grado di reggere per l’intera legislatura.
Se, poi, aggiungiamo gli interventi della intellighenzia politicamente corretta che, sistematicamente, stravolge la volontà popolare con la presunzione di dover essere “guida” alle pulsioni “di pancia” del “popolino” trattato come minus habens, allora dobbiamo riconoscere che quella che è applicata in Italia e in molte nazioni occidentali non può essere più il “peggior sistema esistente esclusi tutti gli altri.
E’ evidente che non è vera democrazia quella in cui lobbies o corporazioni autoreferenziali, senza alcuna investitura popolare, si arroghino il diritto di ribaltare il voto come è accaduto in Italia nel novembre scorso quando il Presidente eletto dal Popolo Silvio Berlusconi fu costretto a farsi da parte per lasciare il posto ad un gauleiter dei poteri forti come Mario Monti.
E a nulla vale dire che Monti ha avuto il voto del parlamento e delle sue stesse vittime del Pdl, perché il parlamento, dopo il tradimento dei finioti, non era più rappresentativo della volontà espressa con le elezioni del 2008.
Allora non varrebbe modificare radicalmente la gestione della cosa pubblica, lasciando al Popolo il compito di eleggere, con un intervallo di tempo adeguato allo sviluppo di una politica organica e di un progetto omogeneo, il “Capo” che non deve avere limiti parlamentari o di altri poteri per governare ?
Tutti potranno esprimere in piena libertà le loro opinioni, favorevoli e contrarie, le loro proposte, le loro richieste sfruttando appieno, senza limitazione alcuna politicamente corretta o scorretta che sia, gli strumenti di comunicazioni moderni, ma a decidere sarà uno e uno solo, che ne risponderà alla propria coscienza e non ad una assemblea litigiosa e inconcludente, eletto dal Popolo per dieci anni non ripetibili.
Sarebbe una giusta evoluzione della democrazia che, come è oggi, è divenuta, almeno in Italia, troppo condizionata dai più svariati interessi e poco efficace negli interventi a favore dei cittadini che, poi, è lo scopo ultimo e unica ragione di esistere di uno stato.



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