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12 agosto 2012

Legge elettorale


Con tutti i problemi che si dovrebbero affrontare in Italia, a cominciare dalla riduzione massiccia della spesa e del debito pubblico, Napolitano cerca di stornare l'attenzione, tenuta viva da Di Pietro, dalla strana vicenda delle trattative tra stato e mafia reclamando stizzito una nuova legge elettorale.
Sembra che senza una nuova legge elettorale non si possa votare oggi o nel 2013.
A metà agosto, allora, salpiamo per un accademico excursus sulla legge elettorale, tanto per parlare d'altro che non la necessità di impedire la metastasi degenerativa che subirebbe l'Italia ove la triade Bersani-Casini-Vendola andasse al governo.
Del resto la legge elettorale non è neutra o ininfluente sul risultato finale e neppure sulle scelte individuali.
Doverose sono due premesse.
La prima è che qualsiasi legge elettorale rischia di essere inficiata dal permanere di una costituzione superata, scritta nel 1946-1948 da un gruppo di reduci dell'Italia prefascista, sconfitti dal Fascismo nel 1922, occupati dalle truppe AngloAmericane nel 1943-1945 e quindi propensi ad impedire che si potesse governare la nazione nel timore dell'affacciarsi di un novello Duce.
Come nel costruire una casa si deve iniziare dalle fondamenta, così per uno stato bisogna iniziare nel codificare in costituzione principi, valori e regole adatte e adattabili velocemente al mutare delle epoche.
In questo senso ha ragione Alfano quando chiede la riforma in senso presidenzialista della repubblica che, poi, è quello che noi di Destra chiediamo sin dagli anni sessanta.
La seconda, doverosa, premessa è che io sono per il maggioritario secco, uninominale all'inglese: divisione del territorio in collegi e in ogni collegio vince chi prende anche un solo voto in più del secondo.
L'Italia, invece, proprio per le scelte da burocrati pusillanimi dei costituenti, ha utilizzato per 49 anni un proporzionale appena scalfito dal sistema di attribuzione dei seggi.
Quando nel 1953 De Gasperi, l'unico vero statista del primo dopoguerra (dopo di lui citerei solo Andreotti e Berlusconi, ma unicamente perchè Almirante non ha avuto alcuna possibilità di governo ...) tentò di correggere l'errore cui anche lui fu indotto dall'inciucio con socialisti e comunisti, la campagna demonizzatrice, abitudine inveterata della sinistra contro tutti coloro che la ostacolano, fece fallire il tentativo del maggioritario e, così, finita l'epoca d'oro della ricostruzione fondata sui governi centristi, iniziò lo sperpero del centro sinistra e l'aumento della spesa pubblica indotta dai ricatti anche di piccole clientele che, con il proporzionale, potevano far cadere ogni governo.
Un governo ogni quattro mesi era la media del proporzionale della prima repubblica, che obbligò a continui compromessi (che scontiamo oggi nel bilancio dello stato) tra i maggiori partiti: democristiani, comunisti e socialisti (non a caso oggi in gran parte uniti nel pci/pds/ds/pd o pronti ad abbracciare questo partito).
Fino alle elezioni del 1994 si votò quindi per circoscrizioni o collegi senatoriali, con attribuzione dei seggi in base ai quorum "pieni" e relativi resti.
Nel 1994 fu introdotto un maggioritario parziale.
A seguito di un referendum abrogativo, il parlamento fu costretto a inventarsi una nuova legge che prevedeva i tre quarti dei seggi attribuiti con il maggioritario all'inglese e il restante con il proporzionale.
Una legge così fu fortemente voluta da Achille Ochetto allora capo dei comunisti, nella convinzione che sarebbe stata funzionale al trionfo della sua "gioiosa macchina da guerra".
Ma un certo Silvio Berlusconi scese in campo e rovinò i progetti dei comunisti – che non glielo perdonarono mai – anche se il suo governo fu costretto alle dimissioni dopo pochi mesi visto che la maggioranza, sia pur con meno partiti, era sempre legata alla volontà di ciascuno di loro.
Nel 1996 si votò nuovamente e vinse la sinistra, conquistando con il maggioritario una netta maggioranza parlamentare ma non popolare, peraltro frazionata la proprio interno e, soprattutto, propiziata dalla divisione nel campo del Centro Destra.
Tutti, infatti, lamentano che la corsa solitaria della Lega regalò la maggioranza ai comunisti, ma è opportuno ricordare che anche l'errore di Berlusconi, indotto dal solito Fini, a rifiutare alleanze con la Fiamma Tricolore di Rauti, fece perdere quei collegi che sarebbero stati sufficienti per conseguire la maggioranza parlamentare.
Capita la lezione, nel 2001 il Centro Destra ottenne una netta maggioranza, purtroppo condizionata dalla presenza dell'Udc di Casini, come nel 2008 fu condizionata dalla inaffidabilità di Fini e dei suoi (da annotare per un futuro post: dopo la vittoria del 1994 a mettere i bastoni tra le ruote di Berlusconi fu l'alleato Bossi/Lega Nord; nel 2001-2006 fu l'alleato Casini/Udc; nel 2008-2011 fu l'alleato Fini. Probabilmente ha ragione il Cavaliere quando chiede non solo di cambiare la costituzione, ma anche di consentirgli di governare da solo con la maggioranza assoluta senza doversi compromettere con le alleanza. Insomma, come si governa, con efficienza e produttività, un consiglio di amministrazione).
Nel 2006 cambiò il sistema per andare incontro alle velleità proporzionaliste di Casini e venne redatto il cosiddetto "porcellum" che tale, peraltro non è o, se lo è, lo è per colpa di Ciampi che impose i collegi regionali al senato e per la mancanza di una norma che dichiari decaduti i parlamentari che, eletti in una coalizione, la tradiscano.
Le elezioni furono vinte dalla sinistra con fortissimi dubbi mai risolti sugli scrutini (determinanti) in alcune regioni del sud, ma il suo governo ebbe vita breve per le lacerazioni interne e la debolezza numerica al senato causata dalla scelta ciampiana.
Probabilmente l'attuale sistema, con le due correzioni indicate, sarebbe quello più adatto all'Italia.
Garantisce stabilità (con le due correzioni ...) e governabilità consentendo un congruo premio di maggioranza e cassando le velleità dei piccoli partiti con lo sbarramento, consentendo peraltro agli elettori di votare il partito più identitario e corrispondente alle proprie idee, senza indebolire la complessiva coalizione di appartenenza.
Ma anche questo sitema non sembra andare bene.
Gli "sherpa" dei partiti stanno studiando "alta" ingegneria elettorale e, come è ovvio e naturale, ciascuno punta al sistema che, sulla carta, favorirebbe la propria parte politica.
I comunisti vorrebbero il maggioritario con doppio turno oppure un proporzionale in collegi separati tipo provinciali con premio di maggioranza alla coalizione e senza preferenze, mentre il PdL punta alle preferenze anche come strumento per aumentare la capacità di propaganda e con premio di maggioranza per il primo partito.
Il motivo è sotto gli occhi di tutti.
Stando ai sondaggi attuali la coalizione Bersani-Casini-Vendola otterrebbe la maggioranza, mentre il PdL può sperare, con una buona campagna elettorale, di recuperare gli astensionisti e di ridiventare il primo partito.
In ambedue i casi, però, sarebbe solo una pezza che dovrebbe essere rivista per il futuro, non garantendo quindi quella stabilità e univocità di indirizzo di cui l'Italia ha bisogno.
Non si può peraltro chiedere ai partiti di suicidarsi e quindi aspettiamo quel che verrà e che prescinde dai nostri auspici.
E' evidente peraltro che il sistema elettorale che sarà votato influirà direttamente sulle scelte di ciascuno di noi.
Se rimarrà l'attuale sistema o venisse parzialmente modificato mantenendo comunque il premio alla coalizione, è probabile che il Centro Destra faccia di necessità virtù e trovi il modo per tornare a coalizzarsi nel tentativo di fermare la sinistra metastasi.
Presumibilmente quindi, all'interno della stessa coalizione e con la medesima opportunità di sostenere un unico fine (sbarrare il cammino a Bersani-Casini-Vendola) si potrà scegliere tra il PdL (o come si chiamerà dopo la cura ricostituente cui sarà sicuramente sottoposto), la Lega, La Destra e, magari, Forza Nuova e numerose altre liste civiche e/o civetta.
Il voto sarebbe più "facile", perchè consentirebbe a ciascuno di noi di esprimersi con "il cuore" senza venir meno alla "ragione".
Se avremo un sistema elettorale più orientato al proporzionale con premio al partito e con uno sbarramento feroce, le scelte si restringeranno drasticamente, probabilmente fino ad una sola: il partito che più potrebbe raccogliere voti e sbarrare la strada al primato dei comunisti.
Senza alcuna altra opzione alternativa.
Magari sperando che, per calcolo elettorale, quel partito inglobi movimenti e partiti minori, tra i quali quelli a noi più affini.
In base a quel che si legge sui giornali le due opzioni sono quelle sul tavolo e non ne sussitono altre, per cui è inutile ipotizzare scenari "altri".
Dobbiamo quindi aspettare per vedere cosa salterà fuori dalla fantasia degli ingegneri elettorali dei partiti, per riprendere il discorso sul "chi" votare, fermo restando che se vogliamo evitare la metastasi degenerativa della triade Bersani-Casini-Vendola, dovremo scegliere chiunque potrà meglio sbarrare loro la strada.



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