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27 febbraio 2012

Troppo stato ci erode le retribuzioni

Una indagine dell’eurostat ci ha informato ufficialmente che gli stipendi italiani sono tra i più bassi dell’europa.
La nostra “miserabile” media è di ventitremila euro, contro i quarantunomila della Germania, i trentatremila della Francia, e i quasi quarantanovemila del Lussemburgo, primo in questa classifica.
La Fornero, che non perde occasione per straparlare, attribuisce tutto ciò alla produttività, alla precarietà e, udite udite, alla “disparità fra generi: una spruzzatina di veterofemmisno non guasta mai, tanto l’analisi è già di suo un guazzabuglio degno della ministra che l’ha elaborata.
La realtà è però quella che deriva dal disfacimento di uno stato efficiente per diventare il ricettacolo di clientele e  assunzioni di comodo (ricordo il massimo esempio dei dipendenti Olivetti liquidati da De Benedetti ed assunti nella pubblica amministrazione senza che ce ne fosse alcuna necessità).
Il problema è nato in quella seconda metà degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta con l’assalto alla diligenza pubblica.
Più stato ovunque, ipertrofia della pubblica amministrazione, burocraticizzazione di ogni aspetto della vita civile, sociale, economica della nazione.
A questo è corrisposto un incremento mostruoso del numero dei dipendenti pubblici, oggi circa cinque milioni e mezzo, ai quali doveva essere trovato qualcosa da fare e così si sono moltiplicate le leggi e i regolamenti che obbligano chiunque svolga una attività non solo a perdite infinite di tempo, ma anche a pagare tributi, oboli e consulenze specialistiche.
Ma per mantenere quella pletora di dipendenti hanno dovuto “fare cassa”, aumentando il debito pubblico finchè hanno potuto e contemporaneamente aumentando la pressione fiscale sia sotto forma di tassazione diretta sui redditi che di contributi, obbligatori, a vario titolo, fino a rendere costosa il doppio per i datori di lavoro la retribuzione lorda in busta paga che, però, al netto dai vari balzelli che gravano anche la quota dei lavoratori, diventa, quando arriva nelle tasche di questi, solo un trenta per cento di quella pagata dal datore.
Il vero cancro della nostra economia è il mix tra le tasse e lo stato che vuole mettere il becco in tutte le attività invece di limitarsi ad essere terzo super partes.
Pensiamo a quanto ci costa la sanità pubblica (260 miliardi all’anno !) a fronte delle prestazioni che fornisce.
Pensiamo al costo della istruzione e quale è il livello di cultura dei nostri ragazzi.
Pensiamo ai costi della giustizia (un miliardo all’anno per le intercettazioni !!!) e i risultati desolanti che produce.
Pensiamo alla Rai che ci spilla il canone eppure è sempre in passivo tanto da aver bisogno di ulteriore denaro da parte dell’azionista di maggioranza (il Tesoro, cioè noi tutti) quando il suo principale concorrente, Mediaset, con un decimo del personale fornisce servizi e programmi di pari livello e distribuisce pure ottimi dividendi agli azionisti.
Non è un caso che, nelle sue millantate “liberalizzazioni”, Monti non abbia neppure sfiorato il Moloch stato e tutto quel che lo circonda e anche la Foriero si occupa di articolo diciotto, ma non certo di liberare il mercato del lavoro dalle troppe burocrazie, troppi regolamenti, troppi obblighi che lo rendono schiavo della burocrazia statalista.
Inutile lamentarsi perchè finchè lo stato continuerà ad avere una presenza asfissiante e quotidiana nella nostra vita sociale, civile ed economica, ci metterà sempre più le mani in tasca sottraendoci quote sempre maggiori di stipendio e riducendo i lavoratori italiani ad essere le cenerentole del mondo del lavoro europeo.


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1 commento:

Nessie ha detto...

Sì, ma ormai lo Stato sono Loro. Ovvero L'Oro. Ovvero gli emissari delle Banche (MOnti-PAssera-Fornero).
Perché mai dovrebbero ritoccarlo e snellirlo se gli serve? O meglio, per essere più corretti, serve L'ORO? :-)