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No alla deriva

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20 ottobre 2011

Prima indignati poi integrati

Come sempre quando non sono a casa lascio al buon cuore di blogspot dei post (tre questa volta) programmati che, necessariamente, non sono centrati sull’attualità.
Al venerdì sera c’è una trasmissione rievocativa dei “migliori anni” .
In genere la registro per rivedere o riascoltare qualcosa che ricordo con piacere (saltando le parti noiose come le interviste del presentatore o i balletti) e nell’ultima puntata vi è stato un piccolo ricordo del 1968 ispirato dalla presenza di Shel Shapiro, voce dei Rokes (quelli di “E la pioggia che va”, “Bisogna saper perdere”, “San Bartolomeo” a altre).
I “capelloni” come ribellione allo status quo, alla generazione precedente, anelito ad un mondo migliore.
Sempre nella stessa puntata Gino Paoli ha rievocato il suo “Eravamo quattro amici al bar” che si conclude con lui, rimasto solo, che vede entrare quattro ragazzi che fanno gli stessi discorsi e sognano gli stessi cambiamenti dei “quattro amici” di una volta.
E’ naturale che ogni generazione, a modo suo, abbia dei sogni, delle aspirazioni, delle convinzioni per migliorare una situazione che giudica negativamente e che le sta per essere consegnata dalla generazione precedente.
I giovani Fascisti durante il Ventennio rappresentavano una avanguardia rivoluzionaria, come Luigi Preti (ex ministro socialdemocratico e antifascista) ha ben descritto nella prima parte del suo famoso romanzo “Giovinezza, giovinezza”.
Non solo è naturale, ma è l’essenza stessa del progresso dell’Umanità quella della ricerca costante del miglioramento.
Nessuno può negare che oggi viviamo meglio di quanto non vivessero i nostri genitori.
Quello che non può essere accettato è il rifiuto a farsi carico del passato, pur con tuti gli errori commessi.
A parte le violenze (che sono questioni di ordine pubblico e come tali dovrebbero essere contrastate, fregandosene se si spacca qualche testa di dimostrante che, per il fatto stesso di scendere in piazza, imbrattare i muri, spaccare vetrine e danneggiare proprietà pubbliche e private, rinuncia alla tutela personale e deve accettare, senza piagnucolare a posteriori, ogni conseguenza possa capitare) che sono indice non di volontà di cambiare in meglio, bensì di inciviltà e incapacità a convivere, mi ha colpito un cartello, con una scritta ripetuta che in sostanza reclama: noi non vogliamo pagare i debiti fatti da altri.
Ma chi li dovrebbe pagare ?
Non possiamo certo riesumare dalle loro tombe i Togliatti, i Lama, i Berlinguer, i Moro, i Fanfani, i Nenni, i Saragat, i Brodolini, e tutti i responsabili dell’arco costituzionale che, con la loro politica delle elargizioni e dell’ampliamento della spesa pubblica, ci hanno regalato un debito da 1900 miliardi di euro !
Da che mondo è mondo, i debiti dei padri li pagano i figli, sin dall’origine quando, secondo la dottrina cristiana, nasciamo tutti con il “peccato originale” per un qualcosa che non abbiamo commesso, ma che vide come responsabile Eva e Adamo come complice attivo, cioè i nostri iniziali progenitori.
Nel diritto successorio, quando un figlio accetta l’eredità del padre, ne assume anche i debiti.
Se non vuole pagarli non ha altra scelta che rinunciare all’intera eredità (e non solo alle parti negative).
Se gli “indignati” non vogliono pagare i debiti, che rinuncino a tutto, ma proprio a tutto, ivi inclusa anche ogni pretesa di assistenza sanitaria, tutela giuridica e tutto quello che è il regolamento della nostra vita quotidiana.
Mi sa che durerebbero molto poco al di fuori del consesso civile, visto che non avrebbero né un posto dove vivere, né la possibilità di procacciarsi cibo.
I debiti, dunque, devono essere pagati, sempre e comunque.
Poche voci negli anni settanta e ottanta si erano levate contro le leggi “sociali” e di spesa che ci hanno portato all’attuale situazione.
Grilli parlanti, Cassandre inascoltate e tacitate anche con la ghettizzazione.
Anche loro, anche i loro figli devono pagare.
Del resto io non vorrei pagare la bolletta energetica causata da chi si è opposto all’energia nucleare, non vorrei pagare le remunerazioni a rai3, a Floris, alla Gabanelli, alla rai in genere.
Però mi tocca pagare, almeno finchè una maggioranza deciderà che si deve pagare il canone e che non dobbiamo crearci la nostra indipendenza energetica, ma acquistarla, a caro prezzo, da Francia e Svizzera che hanno costruito per tempo decine di centrali nucleari … vicino ai nostri confini.
A ben vedere il dire “io non pago i debiti che non ho fatto” diventa il fare, quotidianamente, degli evasori che, senza tanto clamore, si rifiutano di pagare delle imposizioni che servono a finanziare iniziative che non condividono.
Gli indignati di oggi sono, come già avvenne per quelli del '68 e del '77, gli integrati di domani: banchieri, politici, manager, funzionari pubblici.
La protesta degli “indignati” può certamente essere produttiva, come sempre, per il progresso della nostra Italia, così come lo stimolo delle generazioni giovani ha sempre fatto, ma devono evitare la facile demagogia del “io non pago” e devono incanalare, con forma civile (senza piazzate, senza violenze, senza distruzione della proprietà pubblica o privata) una proposta in positivo.
Se l’hanno …

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1 commento:

Nessie ha detto...

Gli Indignati sono solo gli "inviati speciali" della Finanza. Tant'è vero che piacciono a Draghi, che se ne fa un baffo. Essi NON spiegano come nasce il debito; essi non parlano di recupero della sovranità monetaria; essi tacciono del SIGNORAGGIO Bancario: ergo si prestano a fare solo un po' di folclore. Non concordo ovviamente con lo spirito del tuo post, a cui mancano troppe tessere di un mosaico ben più complesso.
Tu ti limiti solo a parlare di padri spendaccioni e di figli capricciosi: è un po' poco, troppo poco.