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29 agosto 2011

Tasse, ticket ed esenzioni

Siamo alla stretta finale sulla manovra prima del passaggio parlamentare.
Quello che esce sulla stampa, oltre a non essere univoco, non rappresenta quella novità necessaria ad affrontare il debito pubblico, anzi le resistenze corporative stanno spingendo verso la più classica, inutile e dannosa tra le manovre: più tasse e meno tagli alle spese.
Se è un bene la soppressione delle addizionali irpef ipocritamente chiamate “contributo di solidarietà”, è un male il permanere delle tasse sui risparmi (aumento dell’aliquota su rendimenti e guadagni e tassa sui depositi amministrati) e l’aumento dell’Iva.
Pessime le idee che continuano a circolare di patrimoniale.
A questo proposito ha ripreso vigore la polemica contro le esenzioni di cui gode la chiesa, ma non solo.
Infatti ad essere esenti sono una varietà di enti e associazioni con i rispettivi immobili, che godono anche di trattamenti di favore da parte degli enti locali come sembra accertato a Bologna .
La battaglia per “far pagare” anche questi enti e associazioni è, però, fuori luogo quando si vuole far pagare il possesso di un immobile, di un bene, mentre è pertinente quando si chiede che tutti paghino agli enti locali le locazioni e ai prezzi di mercato.
E’ sbagliata perchè la giusta battaglia sarebbe quella di chiedere l’esenzione per tutti, non la gabella per tutti.
Potrei capire se le tasse su un immobile fossero pagate quale corrispettivo ad un servizio (fogne, raccolta rifiuti, gas, acqua ...) ma così non è perchè per ognuna di quelle voci vi è già una specifica tassa.
Allora la ratio alla base dell’imposta sugli immobili è solo una meschina ritorsione nei confronti di chi possiede qualcosa, senza che gli si dia nulla in cambio.
Se ci riflettete è lo stesso sistema che gli stati centralisti hanno usato contro i nobili nel passato per impoverirli e sostituirli con una nuova classe dirigente, più legata al sovrano che alle terre.
La tassa sul possesso è, quindi, una tassa iniqua e punitiva che non offre in cambio nulla al soggetto che la subisce.
Analogamente possiamo parlare dei ticket.
Ognuno di noi paga fior di quattrini per il servizio sanitario nazionale e pur essendo trattenuta una percentuale uguale per tutti, chi ha di più paga di più.
E’ evidente, infatti, che se io ho un reddito di 1000 il suo un per cento è 10, mentre se Tizio ha un reddito di 1000000, l’un percento di un milione è 10.000, quindi paga comunque di più.
Applicare i ticket (sui quali, peraltro, non sono contrario perchè credo che vi sia un abuso soprattutto nell’acquisto di farmaci “tanto paga lo stato") in modo differenziato e progressivo diventa quindi un duplicare una tassazione a danno di chi già paga di più.
Senza considerare che credo tutti noi abbiamo valutato quanto meglio saremmo trattati se tutti i soldi finiti nel Moloch della sanità pubblica li avessimo utilizzati per una polizza sanitaria privata.
Comunque la si giri, la soluzione non può che essere la riduzione, drastica, della spesa pubblica e una forte espansione del privato in quelle attività che, malamente gestite dal pubblico, hanno creato clientele e debito da affrontare non con nuove o aumentate tasse, ma con il suo abbattimento.

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