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No alla deriva

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04 marzo 2011

Mele e pere

Il Governo ha deciso: amministrative il 15 e 16 maggio con ballottaggi il 29 e 30 e referendum il 12 giugno.
Maroni, con sagacia, non ha mischiato mele con pere.
Amministrative e referendum sono votazioni di diversa natura, unificarle avrebbe significato creare confusione tra diversità, inficiando il risultato delle une e delle altre.
Certamente il Governo ha anche il retropensiero di impedire il raggiungimento del quorum da parte di referendum inutili, potenzialmente dannosi per l’economica e per lo spirito liberale che dovrebbe permeare la nostra economia.
Non so a maggio quanti saranno i comuni e le province chiamati alle urne, sicuramente c’è Bologna e, se non sbaglio, anche Milano e Torino.
Ogni elezione ha la sua storia.
Bologna è ben diversa da Milano e anche da Torino pur se da anni, ormai, il capoluogo sabaudo è sotto il tallone di una giunta e un sindaco di sinistra.
Delle elezioni bolognesi parlerò diffusamente nel blog Svulazen proprio per marcare il significato amministrativo e locale della consultazione.
Qui mi limito ad auspicare che il Pdl non rinunci a propri candidati e al proprio simbolo, abbandonando le sirene del “civismo”.
I referendum, invece, hanno ben altro rilievo.
Più volte mi sono espresso per una profonda revisione dell’istituto referendario:
- aumento delle firme necessarie ad indirlo
- introduzione del referendum propositivo
- mantenimento del referendum abrogativo ma con l’obbligo di abrogare l’intera legge e non solo singoli articoli o commi, al fine di evitare furbesche operazioni di ingegneria elettorale
- abolizione del quorum
- massimo un referendum all’anno per evitare la confusione su più materie
- far pagare il costo dei referendum ai promotori.

Ma, anche questo anno, dobbiamo sottostare alle norme referendarie che risalgono, nella sostanza, al 1974, quando fu svolto il primo referendum abrogativo sul divorzio.
Norme, in tutta evidenza, vecchie, obsolete, riferite ad una Italia che non esiste più e ad una politica ormai archiviata.
I referendum sui quali si discute trattano:
- della legge sulla privatizzazione della gestione dei servizi di fornitura acqua (e non sulla privatizzazione delle fonti come furbescamente sostengono gli statalisti favorevoli al referendum);
- la legge sul cosiddetto “legittimo impedimento” già ampiamente massacrata, stravolta e svuotata dalla corte costituzionale in spregio alla volontà espressa dal parlamento eletto dal Popolo;
- le legge che finalmente riapre alla costruzione delle centrali nucleari.
Come scritto, sono referendum promossi da chi non ama l’Italia, ma la vuole serva del ricatto energetico straniero, con gli eletti dal Popolo posti sotto tutela dei magistrati e con una economia di stampo sovietico.
E’ quindi più che giusto non confondere le mele delle elezioni amministrative con le pere dei referendum, per i quali la risposta migliore è l’astensione che faccia mancare il quorum tuttora obbligatorio.

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