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23 gennaio 2009

Giustizia: non è questione di procedure

E’ stata votata al senato la riforma sul federalismo fiscale: alleluia !
Ma c’è un’altra riforma altrettanto importante che segna il passo: quella della giustizia.
Si sta discutendo troppo.
Troppi tecnicismi, troppa procedura per un problema che ha il suo nodo nelle persone, cioè in chi questa giustizia deve amministrare.
Le scelte ideologiche di una certa magistratura hanno fatto perdere credibilità ad una istituzione che dovrebbe rappresentare un soggetto terzo e riconosciuto universalmente come tale per poter rendere credibili le sentenze che emette.
Troppe, invece, sono state le invasioni di campo, le “interpretazioni” in base alla personale ideologia politica del magistrato e troppi i magistrati passati dalle aule di giustizia a quelle del parlamento o delle giunte locali.
Come può un cittadino sentirsi garantito quando a doverlo giudicare ci sono magistrati “militanti” ?
Mi riferisco soprattutto alla situazione attuale, dove un paio di leggi italiane e una recentissima direttiva europea, vorrebbero anche uniformare il pensiero, punendo le idee difformi da quelle considerate “politicamente corrette”.
La giustizia, per tornare ad essere tale agli occhi dei cittadini, deve recuperare in chi la amministra una terzietà rispetto alle parti in causa.
E deve anche essere rappresentata da personale che ispiri fiducia e sia espressione di competenza ed esperienza.
Dubito che ciò possa accadere con magistrati giovanissimi la cui unica esperienza di vita e di lavoro deriva dall’aver superato un concorso e, per solo tale fatto, vengono messi a giudicare padri di famiglia che hanno decine di anni di lavoro e di esperienza sulle spalle.
La prima riforma deve quindi riguardare il personale giudicante e quello inquirente.
Il primo deve essere scelto tra professionisti del diritto, avvocati, giuristi, di chiara fama ed esperienza.
Il secondo deve rispondere delle esigenze della comunità che a lui fa riferimento, quindi deve esserne l’espressione e goderne la fiducia, come solo una elezione diretta dei pubblici ministeri può consentire.
Poi, certo, ci sono anche le riforme procedurali.
Come quella, giustissima, di inibire alla accusa l’appello in caso di assoluzione dell’imputato in primo grado.
E riforme strutturali.
Come la costruzione di nuove carceri o l’espulsione immediata, senza passare “dal via”, degli immigrati che delinquono, svuotando così le carceri, ma non liberando i criminali, bensì liberando gli spazi.
O anche la abolizione della carcerazione preventiva per i cittadini italiani, che spesso appare uno strumento per estorcere confessioni là dove i magistrati non hanno prove.
Ma, prima di tutto, se vogliamo tornare ad avere fiducia nella giustizia, dobbiamo avere magistrati che ispirino loro stessi fiducia per la loro indipendenza, autonomia, preparazione ed esperienza.
Magistrati che rappresentino la società e siano riconosciuti dai cittadini come terzi super partes in grado di giudicare con obiettività, applicando la legge e non interpretandola in base ai propri teoremi ideologici, senza velleità di sostituirsi al legislatore.

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2 commenti:

Starsandbars/Vandeaitaliana ha detto...

Mio vecchio pallino, quello delle carceri nuove. Ma da far costruire dai galeotti...

Nessie ha detto...

Carceri nuove è anche il mio pallino.
E dopo la faccenda di Lampedusa, non solo federalismo fiscale, "ma anche" :-) secessione.
Che diamine, dobbiamo mantenerci forse l'Africa intera?