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No alla deriva

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12 marzo 2008

Danno già i numeri

Nella lotta per il primato, Berlusconi e Veltroni si esibiscono nella sceneggiata dei sondaggi.
Ognuno fornisce i numeri più comodi alla propria tesi.
E Veltroni riecheggia il Rutelli del 2001, quando il suo predecessore e candidato successore a sindaco di Roma, dopo una vittoria con sorpasso all’ultima curva della Ferrari, proclamava che la sua coalizione era già in corsia di sorpasso che sarebbe avvenuto ben prima dell’ultima curva.
Sappiamo tutti come andò a finire: una vittoria schiacciante del Centro Destra.
Oggi la storia si ripete, con Veltroni che vagheggia sondaggi che lo danno già alla pari con Berlusconi il quale replica dicendo che invece lui mantiene dieci punti di vantaggio.
Ma un dato viene sistematicamente confermato da tutti i sondaggi: la crescita costante de La Destra/Fiamma Tricolore.
Che sia mezzo punto o un punto, ormai dall’1% scarso di inizio campagna elettorale un mese fa, il partito di Santanchè e Storace è oltre il 2% anche per i sondaggi più penalizzanti, quando non supera il 4% per il sondaggio di Crespi.
La verità la sapremo solo il 15 aprile, nel frattempo è interessante sottolineare come sembra avviarsi alla sconfitta il perverso disegno di azzerare i partiti identitari, per far confluire l’elettorato in due anonimi raggruppamenti dove si trova tutto e il suo contrario.
Quando in precedenti post scrivevo di partiti senza anima, sottolineavo come la mancanza di spinta ideale, di grandi principi, di valori motivanti, rendevano quei partiti esattamente come erano stati definiti dal nostro candidato Premier Daniela Santanchè: due supermercati che offrivano la stessa merce in diversa confezione.
Singolare che gli unici sprazzi di vitalità nella campagna elettorale del pdl siano arrivati da due iniziative del “vecchio” Berlusconi: stracciare il programma di Veltroni e candidare Ciarrapico.
Quel che sta emergendo ad un mese dal voto è che gli Italiani, ancorché preoccupati dalla grave crisi economica che li coinvolge, vogliono sentire da chi dovrà governarli un progetto che non può essere che basato su dei valori.
La crescita de La Destra/Fiamma Tricolore significa proprio questo.
Ci avevano promesso serenità nel 2006 e ci hanno mazzolato con le tasse.
Adesso tutti formulano la stessa ricetta per uscire dalla crisi e noi Italiani sappiamo benissimo che quella è una strada obbligata: meno tasse per avere più soldi, ma anche riduzione delle spese pubbliche e dell’assistenzialismo di stato che, poi, si riduce in un maggior obbligo lavorativo e produttivo, per tutti.
Ma se il pallottoliere dice questo, almeno diteci dove ci proponete di arrivare con questi rinnovati sacrifici.
Diteci quale tipo di società volete che i nostri sacrifici dovranno realizzare.
In questo mancano i due supermercati e per questo nel mezzo della strada per le elezioni segnano il passo.
Veltroni e Berlusconi possono continuare a dare i numeri, ma è necessario anche aspirare alle stelle, per questo l'elettorato comincia a prendere in considerazione sempre maggiore il voto ai partiti identitari, perchè se la strada del bilancio è obbligata, quella per le stelle ha bisogno di Valori e di Ideali.

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Di valori non si campa. Ma la campagna elettorale dovrebbe dare qualche speranza, qualche cosa in più di promesse di riduzioni delel tasse che difficilmente potranno essere mantenute. E' evidente che quelli che chiami "partiti identitari" offrono un qualcosa che gli altri non danno. Ed è una visione di un futuro migliore al quale vogliamo fortissimamente credere. Andrea

Ares ha detto...

Di riffa o di raffa un bilancio lo si mette in piedi. Di riffa o di raffa il lunario lo si sbarca tutti. Ma se non abbiamo un traguardo ideale giriamo a vuoto e anche ai più giovani cosa possiamo offrire ? Un assegno ? Non ci ricordiamo che quando eravamo giovani i nostri sogni erano proiettati verso i più nobili principi ? Io non ho perso la speranza di una società migliore, per questo voto Destra.

Bello il sondaggio articolato su più domande per vedere chi sono quelli che rispondono. Quasi quasi te lo copio.

sarcastycon ha detto...

Ma è possibile che da quando esiste questa repubblica,non si possa votare senza avere contrazioni allo stomaco?

Votare a sx è semplicemente demenziale,basta vedere cosa hanno combinato in meno di 2 anni per metterci sul lastrico e nel ridicolo.

A dx c'è il solito centro semiamorfo stile dc dorotea

Con tutto ciò bisognerà avere il coraggio di votare a dx.
Il male minore.
ciao
Sarcastycon

ps:non fare caso al nick è quello che uso su blogger

Anonimo ha detto...

carissimo massimo,
purtroppo i numeri che contano non sono i deliri autoreferenziali dei veltrusconi, ma quelli dei prezzi per la gente che va a fare la spesa o cerca casa.
l'inflazione sta polverizzando i risparmi degli Italiani.
sostengo l'idea che l'inflazione, l'inflation tax, più che un fenomeno economico sia uno strumento di potere.


INFLAZIONE E POTERE

Il potere viene esercitato dal dominante sul dominato e consiste nella possibilità per il dominante di imporre al dominato prestazioni fisiche e/o prestazioni patrimoniali. Le prestazioni fisiche possono andare dalla mera schiavizzazione alle antiche corvé medioevali, dal servizio militare al lavoro dipendente sottopagato di oggi. Le prestazioni patrimoniali tipiche sono la tassazione, il pizzo, l'inflazione. Entrambe le tipologie di imposizione costringono il dominato a destinare parte delle risorse della sua vita, soprattutto tempo ed energie, a vantaggio di un estraneo. Per detenere il potere il dominante deve ideare e porre in essere forme di controllo sul dominato, e queste forme di controllo possono concretizzarsi ed essere organizzate in apparati, anche, ma non solo, statuali.

L'inflazione è il più pesante e il più subdolo tributo che le famiglie dominanti possono imporre ai cittadini. Durante l'era monarchica vi è una moneta - merce, con un valore intrinseco dato dalla preziosità del metallo di cui è composta, per lo più oro e argento, e quindi largamente sottratta al controllo governativo: in tale condizione, il livello dei prezzi viene generalmente calando e il potere d'acquisto aumentando, salvo che nei periodi di guerra o di scoperta di nuovi giacimenti dei detti metalli. La ricchezza mobiliare dei cittadini, il valore dei loro risparmi, vengono quindi tutelati e preservati. Dopo la prima guerra mondiale e fino ai giorni nostri, in era di repubbliche formalmente democratiche, con l'imposizione del corso forzoso della moneta cartacea, stampabile praticamente a costo zero e priva di valore intrinseco, e col concomitante progressivo abbandono del gold standard, cioè della convertibilità in oro della cartamoneta, gli indici dei prezzi moltiplicano paurosamente i loro valori, bruciando i risparmi della gente a tutto vantaggio degli stati e delle famiglie di dominanti che traggono la loro ricchezza dall’uso strumentale, a loro favore, dello stato e della spesa pubblica. Di fatto, l’inflazione è stata negli scorsi decenni e continua ad essere ancor più oggi lo strumento di una gigantesca depredazione dei patrimoni di chi non è al potere.

L'inflazione non è solo uno dei principali indici e strumenti di sfruttamento; essa è anche strumento di blocco della mobilità verticale tra le classi e di eliminazione di potenziali e competitivi concorrenti. Sotto il profilo economico, sia il diritto positivo, con il prescrivere contro la natura del mercato la burocratizzazione del mercato medesimo e la scomparsa della libera concorrenza, sia la tassazione, ovvero l'assoggettamento al tributo, sia infine il controllo sull'emissione della moneta e la conseguente voluta inflazione, permettono ai dominanti di stroncare sul nascere l'accumulazione di ricchezze da parte di famiglie concorrenti. Viene così impedita la costruzione di patrimoni a quelle élites che, in assenza di tali vessazioni, sarebbero emerse naturalmente per i loro meriti e le loro capacità, probabilmente ben maggiori di quelli dei dominanti stessi.

Occorre quindi finalmente svelare e denunciare il formalismo dell’economia keynesiana, l’economia del clientelare e parassitario tassa e spendi, della socializzazione dei costi del consenso, l’economia di carta dei contabili, degli esattori, dei ragionieri di regime. Il keynesianesimo è la trasposizione nel campo delle scienze economiche dell’orientamento al presente che caratterizza le tirannie oligarchiche travestite da democrazie formali delegate.

Non esagero nell’affermare che, dopo il comunismo, il keynesianesimo è stata la più grande sventura dell’umanità nel secolo scorso. Mi si potrà opporre che il nazismo ha sterminato milioni di innocenti. Con piena convinzione rispondo che il keynesianesimo e le sue politiche di welfare hanno tolto la voglia e la gioia di vivere, di mettere su famiglia, di fare figli, di fondare un’impresa familiare e una dinastia a miliardi di esseri umani, riducendoli a schiavi consumatori.

Dopo Keynes la scienza economica è divenuta una scienza formale, mistificante, inducente all’errore, asservita alle dinastie esistenti e al mantenimento di queste ultime al potere, alla conservazione dello status quo. L’architettura keynesiana sia della scienza economica sia dei sistemi economici è stata ufficializzata, accademizzata, assurta al rango di principio scientifico, e adottata perfino dai suoi detrattori, venendo così a costituire una sorta di trappola mentale, di blindatura del pensiero ossequiente. Eppure nulla è più contrario alla realtà della fondamentale equazione keynesiana ricchezza uguale reddito. Ma l’economia vera, sostanziale, è una scienza riservata alla nobilitas naturalis di cui parla Hoppe, a quegli individui e a quelle famiglie che ogni giorno combattono liberamente sul mercato. Proprietà privata e libero mercato sono ragioni di vita che trascendono le possibilità e le stesse esistenze di esattori, contabili e ragionieri, più o meno prezzolati, certo improduttivi.*


Avv. Filippo Matteucci



* Chi volesse leggere l’intero saggio “Proprietà privata e proprietà pubblica dello stato in Hans-Hermann Hoppe” lo trova pubblicato qui:

http://www.ladestranews.it/cultura/propriet-privata-e-propriet-pubblica-dello-stato-in-hans-hermann-hoppe.html