Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

31 maggio 2007

Alitalia come Telecom


E così, con l’uscita di scena della terza cordata, a contendersi Alitalia ne sono rimaste due: una appoggiata da Intesa Sanpaolo e una che fa riferimento a Unicredit.
Bazoli/Passera da una parte e Profumo dall’altra.
Tutti e tre rigorosamente e disciplinatamente in coda il 14 ottobre 2005 per votare la miss della sinistra.
Come per Telecom i silenzi, le dichiarazioni, le leve del potere politico usate legittimamente ma miratamene, hanno di fatto costretto i competitors indipendenti a gettare la spugna.
Del resto quando un governo si appresta a mettere ai voti provvedimenti finalizzati unicamente a danneggiare l’impresa del Presidente Berlusconi, incuranti delle conseguenze su occupazione e possibilità di stare sul mercato –senza aiuti di stato – da parte di una delle principali aziende italiane; quando viceversa un governo, sempre di sinistra, ha aiutato con rottamazioni e agevolazioni un’altra grande azienda italiana in cambio della stampa favorevole da parte dei giornali dipendenti da tale proprietà, non è possibile sbagliare.
Se Telecom o Alitalia fossero state messe liberamente sul mercato e acquistate da aziende che non avevano amicizie politiche a sinistra, avrebbero subito ogni sorta di ritorsione.
Presumibilmente avrebbero avuto ripetute ispezioni ai libri contabili, avrebbero subito leggi che le danneggiavano e avrebbero visto revocati da subito tutti i benefit e i contributi che nel tempo erano stati concessi.
Quindi una sinistra che è nettamente minoritaria nel paese, si appresta a ingoiare due succulenti bocconi economici e noi ci dobbiamo attendere di essere chiamati ad ulteriori sacrifici per consentire l’erogazione di nuovi contributi a fondo perduto ai due giganti malati.
Dobbiamo nei fatti dire basta e abbiamo uno strumento molto semplice q nello stesso tempo molto efficace: il boicottaggio.
Chi ha abbonamenti telefonici con Telecom Italia passi ad altra compagnia.
Chi deve viaggiare in aereo, scelga una qualsiasi compagnia tranne Alitalia.
Personalmente ritengo che le due banche di sinistra, per quanto si siano ingrandite, non sono cieche e la partecipazione all’acquisto di Telecom o Alitalia verrebbe dismessa se si dimostrasse passiva.
Le due banche di sinistra sono dirette da manager che non sono i proprietari delle aziende.
Se vogliono continuare a godere delle ricche prebende e stock option che accumulano ogni anno, devono presentare bilanci con numeri sempre in costante crescita.
Numeri che verrebbero compromessi da una onerosa partecipazione in aziende decotte.
Basterebbe una “spintarella” e quelle aziende decotte diventerebbero una voragine anche per i conti bancari, al punto da costringere gli amici di Prodi a liberarsene, vanificando tutta la strategia di acquisizione (con soldi altrui e senza rischi) messa in atto dalla sinistra.
Ognuno di noi può portare il suo contributo al fallimento della strategia di Prodi e della sinistra.

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30 maggio 2007

Ma prendeteveli a Bruxelles !


O a Strasburgo, purchè non restino in Italia.
Le agenzie, ieri mattina, battono una inquietante notizia: l’ex imam di Varese (e altri due) pur assolto dalla magistratura (italiana ... ) dall’accusa di terrorismo internazionale, stava per essere espulso e rispedito a casa sua.
Purtroppo un intervento della corte europea ha imposto alla sinistra di tenersi in Italia il soggetto.
Se è vero che non c’è mai fine al peggio, qui stiamo però toccando veramente il fondo.
Che l’Italia, con questa europa dei burocrati, non possa più espellere dal proprio territorio soggetti che, indipendentemente dalle sentenze, ritiene poco raccomandabili, mi pare una violazione della nostra sovranità e indipendenza cui solo un coglione rinuncerebbe dopo tutti i sacrifici che i nostri Avi hanno fatto per ottenerle.
Dopo l’euro (e i guai che ha portato), Schengen, adesso l’europa vorrebbe imporci pure di ospitare quei pochi che persino la sinistra non vorrebbe in casa.
Così, per i giudici di Strasburgo, non possiamo far prendere “camèl, barchèt” a degli ospiti indesiderati perché tornino a casa.
Però da Bruxelles non arriva nessun aiuto per proteggere le nostre coste dagli sbarchi degli illegali.
Magari li dobbiamo mantenere, trovare loro un alloggio, nutrirli, il tutto per consentire loro di astrologare contro questo infame Occidente, da conquistare e convertire forzosamente all’islam.
Dovremmo anche consentire loro di occupare – pressoché gratuitamente – spazi pubblici perché costruiscano le loro moschee, naturalmente il tutto senza alcuna reciprocità nei loro paesi di origine, dove chi osasse fare propaganda religiosa (cristiana o magari pagana) verrebbe arrestato e buttato fuori (quando gli va fatta bene) senza processi e senza corti di garanzia svoranazionali.
Paesi dove è vietato costruire chiese, oratori, esibire i simboli della nostra fede religiosa.
Questa europa non è la mia patria.
Questa europa è debole e vile (lo si è visto anche dopo la vicenda delle vignette su Maometto o il discorso di Ratisbona di Benedetto XVI).
Questa europa è perdente e servile.
Questa europa è vecchia ed inutile.
Questa europa è sempre più eurabia e sempre meno Occidente.
Fino a quando tollereremo, senza reagire, di non essere più padroni a casa nostra ?

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29 maggio 2007

Vincere fa sempre bene


Le elezioni amministrative stanno per essere archiviate con la solita coda di dichiarazioni e di esibizioni matematiche tese a dimostrare che “abbiamo vinto noi”.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la sinistra è stata bastonata.
Il Nord, le regioni produttive e spremute dalla politica da gabellieri di Prodi e dei suoi sodali, si sono finalmente ribellati e hanno dato vittorie sonanti al Centro Destra.
Ma Prodi se ne andrà ?
Finirà di danneggiare l’Italia ?
No.
Resterà, lui e i suoi compari, attaccato su quella poltrona che il Popolo vuole gli sia sfilata da sotto il flaccido fondoschiena.
La sinistra sa benissimo che una crisi di governo sarebbe per lei senza ritorno.
La delusione nelle file dei suoi stessi elettori è così forte che rischierebbe di essere spazzata via come la sinistra francese nel 2002.
Per questo archiviamo la vittoria, salutiamo il ritorno al Centro Destra di Verona, ma non illudiamoci che si possa cambiare registro.
Dovremo ancora sopportare le vessazioni di Prodi e dei suoi accoliti, dovremo assistere all’occupazione di televisione, scalate societarie dei soliti “amici”, disegni di legge ideologici e dannosi.
Due le strade per abbreviare questa agonia (non necessariamente una esclude l'altra ...).
Una ribellione di piazza, condotta con intelligenza dai nostri leaders, che ci indichino obiettivi e metodi, a cominciare dallo sciopero fiscale.
Oppure la presa di coscienza di qualche senatore al momento schierato con la sinistra.
Tre, quattro senatori che si mettessero una mano sulla coscienza e, prendendo atto dello scempio che Prodi e i suoi complici fanno dell’Italia, decidessero di non poter più essere correi di tutto ciò e si schierassero con il Centro Destra, facendo venir meno la labile maggioranza nata nella notte degli scrutini ed emersa da verbali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Tre, quattro senatori che si comportassero come il “figliol prodigo” e che, per tale presa di coscienza potranno essere ampiamente perdonati per il loro errore.
Il tutto, naturalmente, senza trascurare di riproporre i temi ormai consolidati del Centro Destra:
- riforme
- immigrazione
- sicurezza
- riduzione delle tasse
- giustizia giusta
- modernizzazione delle infrastrutture
- atlantismo
- solidarietà vs. asssistenzialismo
- federalismo
.
Ma avremo modo di tornare sopra la progettualità del Centro Destra, per intanto assaporiamo il dolce sapore della vittoria.

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28 maggio 2007

I rifiuti e il rifiuto della politica


Da alcuni giorni è ripresa sulla stampa e la televisione la litania sulla “emergenza rifiuti” in Campania.
Sembra che tra i capi popolo ci siano anche due “preti”: Vitaliano della Sala (che ha persino ospitato nel suo sito lo squallido programmino a luci rosse della BBC su cui ha perfettamente scritto Nessie) e Alex Zanotelli i cui nomi mi rifiuto (siamo in argomento) di farli precedere da un “don” o un “padre”.
Demagogia pura, se si considera che i principali responsabili di questo stato di cose sono oggi al governo in Italia (da ben un anno), lo sono stati tra il 1995 e il 2001 e che dal 1993 Napoli è amministrata dalla sinistra, in particolare Bassolino è stato sindaco di Napoli dal 1993 al 2000, quando ha traslocato per fare il presidente della Regione Campania (tuttora in carica per la disgrazia degli amici campani), il ministro e il commissario all’emergenza rifiuti.
E non credo che sia un caso se il nostro amico Pizzino abbia iniziato la sua attività di blogger con uno spazio (ancora attivo) emblematicamente intitolato “Antibassolino – Il re della monnezza” .
Cittadini infuriati che operano blocchi stradali, che si incatenano ai cancelli delle aree per lo smaltimento dei rifiuti (e vengono beffati facendo entrare i camion per lo scarico dell’immondezza da un ingresso secondario), sindaci che si appellano all’onu e altri che minacciano la guerra civile, proclamando “la guerra è appena iniziata” con toni da novelli Masaniello.
E nel frattempo si discute sul fatto che la politica sia distante dai cittadini e ci sia un rifiuto della base nei confronti dei vertici (ma l’impressione è che sia un problema tutto di sinistra, le cui “gesta” governative hanno fatto ricredere persino chi è stato così stolto da votarla, nonostante gli fosse stato ampiamente detto cosa sarebbe accaduto).
E salta fuori il pupillo di un noto industriale torinese defunto che, dall’alto delle sue quattro o cinque presidenze (ho perso il conto) si permette di bacchettare i politici, facendo di ogni erba un fascio, come se fosse sceso sulla Terra da Marte appena oggi.
E questo stesso signore sembra fare il verso al più accreditato funzionario della nomenklatura sinistra (figuriamoci il livello degli altri !) che, scoprendo la disaffezione del popolo verso la sinistra, afferma che bisogna fare la riforma costituzionale, dare più poteri agli enti locali, creare più sicurezza, snellire i costi della politica.
Ma dov’erano nel giugno del 2006 quando si votava per il referendum confermativo della Riforma Costituzionale del Centro Destra ?
In tale riforma c’era:
- la Devolution, cioè la ripartizione dei poteri tra stato ed enti locali, con precisi ambiti di autonomia e competenze delle regioni;
- il Premierato forte, con maggiori poteri di indirizzo e di decisione da parte del Premier;
- la riduzione dei parlamentari con indubbi benefici sui costi della politica;
- la ripartizione di competenze tra il senato e la camera dei deputati, con indubbi benefici per i tempi di approvazione dei provvedimenti.
Come è possibile dar credito alle parole che oggi quei due signori pronunciano, quando furono in prima fila per bocciare la suddetta riforma ?
Allora l’ “emergenza rifiuti” non è solo quella, materiale, che sta ammorbando in senso letterale l’aria in Campania, ma è anche quella di pensionare o, meglio, mandare una buona volta a lavorare quanti pontificano dall’alto delle loro remunerate posizioni di privilegio, dopo aver agito per impedire che si realizzasse esattamente quel che ora indicano come panacea per i mali italiani.

E non mi sento di escludere che in questo modo si possa avviare a soluzione definitiva anche il problema dei rifiuti materiali.

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25 maggio 2007

John Wayne, come un eroe omerico



Il 26 maggio di cento anni fa, a Winniset, una cittadina dell’agricolo Iowa, nasceva Marion Mitchell Morrison, passato alla storia del cinema con il nome di John Wayne e il soprannome di Duke.
Per quelli della mia generazione John Wayne fu l’eroe buono per antomasia, il modello cui ispirarsi, cui tendere.
La filmografia di John Wayne è piena di opere che rimangono scolpite nella nostra memoria e che, ancora oggi, è bello rivedere.
Dal 1933 con Ombre rosse fino al 1976, solo tre anni prima della morte, con Il Pistolero, John Wayne ha rappresentato un genere di eroe senza tempo, come gli eroi omerici.
L’epopea della conquista del West vista attraverso i film di John Wayne ha portato molti di noi ad amare gli Stati Uniti e a vederli come un traguardo cui portare la nostra Italia che, peraltro, non ha nulla da invidiare quanto a glorie storiche.
Solo che non abbiamo saputo, se non durante il Ventennio, valorizzarle, al punto che, oggi, i colossal sulla Storia di Roma, che appartiene alla nostra Gente, vengono girati negli Stati Uniti.
John Wayne, però, non fu solo un attore che ha saputo interpretare una parte che vorremmo tutti saper interpretare nella vita, ma fu anche un Americano.
Politicamente schierato con la Destra, interpretò e diresse nel 1968 uno dei film più contestati e al tempo stesso amati: Berretti Verdi.
Contestato da chi si opponeva alla guerra contro i terroristi vietcong armati dal comunismo internazionale, amato da chi vedeva, giustamente come poi avemmo modo di capire con la caduta del muro e del comunismo, nella guerra del Vietnam una operazione necessaria per fermare l’imperialismo comunista.
Al punto che, narra la leggenda, Gianfranco Fini si iscrisse all’MSI perchè gli fu impedito di entrare al cinema per vedere Berretti Verdi.
John Wayne, quindi, è stato nella vita, coerente con “l’uomo tranquillo” ma forte, generoso, tutto d’un pezzo dei suoi film.
A maggior ragione nel momento della malattia che lo condusse anzitempo, a soli 72 anni, alla morte, quando riusciva a scherzarci sopra, mostrando quanto fosse “tornato in forma”, visto che “ballava” nella cintura dei pantaloni.
In occasione dei cento anni dalla nascita di John Wayne mi piace avere l’opportunità di rendergli omaggio, un modo per ringraziarlo dei sentimenti che in me suscitavano – e suscitano ancora – i suoi film.
John Wayne, figura di eroe immortale, come quelli di Omero.

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24 maggio 2007

Gli interessi paralleli delle sinistre


Qualche sprovveduto si chiederà cosa mai tiene assieme la sinistra.
L’interesse, solo l’interesse.
Ma non quello, nobile, nazionale, quello, altrettanto nobile, dei cittadini, ma semplicemente quello di apparato, ideologico, di potere.
Il grande merito del Presidente Berlusconi è stato quello di aver dimostrato che è possibile percorrere una strada nuova rispetto alle oligarchie di partito, dei boiardi irizzati anche nel cervello, dei banchieri del soviet di Bruxelles.
E’ possibile, ma se ci si lascia ingannare dalle vacue promesse, salvo poi pentirsi a bocce ferme, funzionarietti di partito boiardi e burocrati dell’euro riusciranno sempre a fare il loro interesse.
Aiutati in questo dalla spregiudicatezza con la quale concedono alla sinistra estremista ed ideologica la soddisfazione di provvedimenti (più annunciati che attuati) purchè non pregiudichino i loro affari.
Ecco che si configura il sistema degli interessi paralleli.
Da un lato la sinistra estrema e massimalista che ottiene la fuga dall’Iraq, il disimpegno in Afghanistan, le dichiarazioni antiamericane di D’alema, l’emanazione di ddl che impediscono il libero pensiero, che vorrebbero distruggere la famiglia, la scuola, l’università.
Dall’altro l’interesse dei politicanti di professione (ma senza professionalità), dei boiardi irizzati, dei burocrati dell’euro di usare soldi altrui per mettere le mani non solo in tasca dei cittadini, ma anche su consistenti fette del patrimonio economico italiano, magari cercando, in una unione di amorosi interessi in questo caso convergenti e non paralleli, di distruggere l’unica grande azienda privata che vive del suo e, pertanto, è sottratta alla loro influenza.
I sondaggi parlano chiaro: la sfiducia nei confronti della classe politica ha raggiunto livelli sudamericani e tutto ciò in appena un anno di sinistra al governo.
Ci si domanda fino a quando costoro resteranno al potere ?

La risposta è semplice: finchè ci sarà una banca da comprare.
A meno che il Popolo del 2 dicembre e del 12 maggio non passi dalle manifestazioni festose a quelle “incazzose.

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23 maggio 2007

Per una volta anch’io sarò milanista

Il primo campionato del mondo di calcio di cui ho ricordi è quello del 1966 in Inghilterra.
A 9 anni e mezzo seguivo trepidante le vicende calcistiche ed ero in vacanza a Selva di Valgardena, che ancora non era diventata quel centro turistico invernale ed estivo che è oggi (sarebbe accaduto dopo i mondiali di sci del 1973).
Allora Selva aveva un albergo in attività (ed uno chiuso) e i turisti affittavano appartamenti.
In luglio il turismo era prevalentemente tedesco.
A memoria ricordo solo altre due famiglie di italiani.
Il 1966 non faceva eccezione e non sto riferire gli sfottò dei tedeschi all’eliminazione dell’Italia per opera del dentista nord coreano.
Quegli sfottò mi indussero ad una forte antipatia per la Germania calcistica e, ad ogni partita, lanciavo la “maledizione della sconfitta” ai “crucchi”.
Fui deluso, sino alla finale, quando l’Inghilterra vinse e i volti tristi e mogi dei tedeschi in vacanza a Selva mi ripagarono degli sfottò precedenti.
Da quel momento l’Inghilterra mi fu cara e, probabilmente, l’essere anglofilo mi deriva anche da quei mondiali.
Tutto questo per dire che ancora oggi, anche nel calcio, ho una particolare simpatia per le squadre inglesi, soprattutto quando incontrano le tre italiane nei confronti delle quali “antipatizzo”: Juventus, Inter e Milan nell’ordine.
Ma oggi mi si consenta un’eccezione.
Stasera mi guarderò la partita e farò il tifo per il Milan: una delle poche occasioni.
Sgombriamo subito il campo dalle malevoli illazioni: non è per Berlusconi, che ovviamente stimo e mi piacerebbe fosse il presidente del Bologna, ma è per la cosiddetta “calciopoli”.
Io non sono mai stato convinto dei provvedimenti presi a tambur battente, dopo l’esame di un numero ridotto di intercettazioni, dopo che fatti forse più gravi, sicuramente ugualmente gravi (fideiussioni, falsi documenti) erano passati in archivio come acqua fresca.
Non dimentico la cagnara che è stata sollevata, la sinistra che voleva ritirare la nazionale di calcio dai mondiali (salvo poi saltare sul carro dei vincitori), la sinistra che voleva revocare Lippi da C.T., i moralisti dell’ultima ora e le loro indignazioni marmaldesche.
La vittoria della nazionale di calcio ai mondiali del 2006 è stata una prima rivincita sul fronte interno e nei confronti degli stranieri che sbeffeggiavano l’Italia, anche grazie agli italiani che si scoprirono censori.
La vittoria del Milan stasera, ecco perché tifo Milan, sarebbe una ulteriore rivincita sui moralisti interni ed esteri capaci solo di prendere a calci chi cade, ma guardandosi bene dal farlo quando erano potenti.
Mi gusterebbe assai, dopo la vittoria della nazionale guidata da Lippi e piena di juventini, che il Milan, una delle squadre maggiormente danneggiate dalla fola moralista, vincesse la Coppa dei Campioni (per me sarà sempre tale), ristabilendo, definitivamente, l’ordine dei valori sul campo e non quelli decisi a tavolino.


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22 maggio 2007

Sciopero bianco


In questi giorni è rispuntato il c.d. “sciopero bianco” in occasione della decisione degli assistenti di volo dell’Alitalia di “applicare alla lettera” i regolamenti.
Ho ascoltato trasmissioni in cui i rappresentanti (?) dei consumatori si sono scagliati a corpo morto contro questo sistema, accusando chi lo pratica.
Una delle tante (inutili, costose e in fin dei conti dannose) “authority” ha convocato l’Alitalia in merito al problema insorto con lo “sciopero bianco”.
A nessuno che sia venuto in mente che, semmai, si devono riprendere i lavoratori che NON applicano puntualmente norme, regolamenti e circolari.
Perché lo “sciopero bianco” non esiste, in quanto, così com’è presentato, è semplicemente l’esecuzione di un complesso normativo cui i lavoratori, in ogni settore, sono tenuti, pena il comminare nei loro confronti un provvedimento disciplinare.
Dovrebbe quindi essere chiesto agli assistenti di volo, perché mai non abbiano, finora,applicato le norme cui sono tenuti.
Dovrebbe, semmai, essere chiesto all’Alitalia perché non ha controllato che quelle norme fossero rispettate.
E sempre all’Alitalia dovrebbe essere chiesto perché, applicando i regolamenti che l’azienda stessa si è data, si bloccano voli.
E la risposta è la stessa che avremmo in ogni settore della nostra vita lavorativa, soprattutto pubblica: lo tsunami di leggi, norme, regolamenti che rendono la burocrazia un mostro inefficiente.
In un simile caos normativo è gioco forza che il cittadino si perda e sbagli (pensiamo solo alla farraginosità della dichiarazione dei redditi) e lo stato diventa non un aiuto, ma un persecutore.
Così i lavoratori che si trovano ad operare davanti al pubblico, sono costretti a disapplicare le norme che, invece, sarebbero tenuti ad osservare: per poter far girare la ruota del lavoro.
Ma in tal modo si deresponsabilizzano i dirigenti che tali regolamenti hanno emanato e se, come nel 99% dei casi, la pratica, il volo, l’operazione vanno a buon fine, nessuno si complimenterà con il lavoratore che ha bypassato le norme, ma in quell’un per cento in cui la pratica, il volo, l’operazione finisce male, allora scatta la ricerca del colpevole che, immancabilmente (quante volte lo abbiamo letto dopo un incidente ferroviario ?) è il lavoratore che “non ha applicato le norme”.
E il dirigente, il parlamentare colpevole dell’emanazione di regolamenti o di leggi inapplicabili e farraginose la fanno franca.
Arriviamo così all’assurdo che ci si scandalizza non perché, fino ad ora, gli assistenti di volo hanno disapplicato i regolamenti, ma perché adesso li applicano.
Ecco che nella “lista della spesa” per il prossimo governo di Centro Destra si può e si deve inserire anche una revisione globale delle regole, per ridurle a poche, chiare, incisive e con controlli tali da farle rispettare nella loro interezza.

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21 maggio 2007

Quella esterofilia così provinciale


E’ l’ora di Sarkozy.
In Francia ma, a quanto pare, anche in Italia.
Non solo gli ambienti del Centro Destra guardano ai transalpini e invidiano, ma persino a sinistra lo elevano ad esempio, dopo averlo demonizzato.
Veltroni è arrivato a compiacersi delle scelte del nuovo presidente francese (avrà messo anche la sua immagine accanto a quella di Kennedy e Clinton ?) auspicando che lo stesso atteggiamento sia osservato in Italia e facendo esplicitamente il nome di Gianni Letta (per cosa non si sa, visto che non lo hanno voluto come presidente della repubblica).
E’ un deja vù.
Ogni volta c’è un qualcuno all’estero che invidiamo.
E’ successo con il già citato Kennedy, ma anche con un Gorbachev che in patria non ha alcun seguito.
Furono la Thatcher e Reagan, piuttosto che Clinton o, più recentemente, Zapatero.
Per non parlare delle sopravvalutate icone della sinistra.
Spietati assassini e terroristi che rispondono al nome di Fidel Castro, Ernesto Guevara, Yasser Arafat e, prima ancora, Tito, Stalin, Lenin, Mao.
In questo Destra e sinistra si assomigliano.

Legittimo essere soddisfatti per il successo di un esponente di Destra in Francia o altrove, ma noi siamo in Italia.
Non si considerano le peculiarità del nostro sistema, della nostra storia, della nostra cultura e cercano all’estero di soddisfare una sorta di carenza di leadership.
Meno la Destra della sinistra, comunque, visto che da noi gli Almirante e i Berlusconi avevano e hanno un carisma ed una autorevolezza da rappresentare un modello per l’estero (Le Pen copiò da Almirante, lo stesso Sarkozy è stato imprudentemente accostato a Berlusconi dalla Royal), forse perché dalle nostre parti ci si ricorda quanto la nostra nazione è stata nel passato presa ad esempio e imitata.
C’è anche da dire che sfogliando gli aggregatori di Centro Destra, a perdersi in questo provincialismo esterofilo sono soprattutto i blogger che, forse, non sono proprio ... D-Destra e mi riferisco specificatamente a quelli di orientamento o anche militanza radicale che riempiono pagine di “come sarebbe bello se in Italia ci fosse Sarkozy”, esattamente come fanno sul loro versante i blogger di sinistra con le loro icone di ieri e di oggi.
E forse quel che caratterizza blogger di sinistra e non D-Destra è proprio la mancanza culturale di una coscienza, di uno spirito nazionalista, dimenticando che i loro modelli sono divenuti tali, almeno sul versante che ci interessa, proprio in virtù di un acceso nazionalismo.
Sarkozy che quando parla della Francia ha gli occhi umidi, impegnandosi per renderla più ricca e sicura.
La Thatcher che non ha esitato a rispolverare una politica imperiale pur di conservare la sovranità sulle Falklands.
Reagan che risollevò il morale di una nazione prostrata dal Watergate, ma, soprattutto, da 4 anni di Jimmy Carter.
E nonostante siano così esterofili, si dimenticano del detto “right or wrong is my Country”.
L’ala più propriamente D-Destra, conservatrice e reazionaria, è invece più orientata a parlare di Valori, di Ideali da inserire e da far crescere per far crescere la nazione, ma in un percorso autonomo che tenga conto della peculiarità della nostra storia, della nostra cultura.
E’ quindi solo partendo dal riconoscimento della realtà italiana che possiamo proporre un percorso, anche politico, che consenta alla nostra nazione di sedersi in permanenza tra quelle del tavolo principale.
Ma dobbiamo individuare quel percorso avendo come punto di riferimento non l’europa, non l’economia, non una idea astratta di sistema che funziona all’estero, non un leader non importabile e non clonabile, ma l’unico interesse che realmente conta: quello nazionale.
Inutile, anzi controproducente, illudersi che un referendum – se mai si farà – possa raggiungere il quorum di validità e, quindi, possa cambiare il nostro sistema.
Inutile, anzi controproducente, perdersi in battaglie di nicchia su temi che non interessano il Popolo ma solo una esigua, chiassosa, pacchiana e capricciosa minoranza, disperdendo le forze dal perseguire un progetto di più ampio respiro ed elevando barriere nei confronti di altri filoni della Destra.
Utile e produttivo, invece, un sistema che, prendendo atto delle nostre caratteristiche nazionali, le trasformi in un arricchimento del nostro dibattito politico e di una via italiana all’amministrazione della cosa pubblica.
Del resto il nostro Sarkozy, il nostro Reagan c’è già: Silvio Berlusconi.

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18 maggio 2007

Gioco di squadra

Una critica che viene mossa, anche dalla stampa amica, al Centro Destra riguarda l’incapacità di sfruttare lo stato comatoso in cui versa la sinistra e le profonde spaccature in seno ad essa.
Anzi, sembra che ci sia quasi un piacere perverso nel sottolineare reciprocamente le “impurità” della appartenenza alla grande famiglia del Centro Destra.
Ora, se escludiamo una esigua minoranza di radicali che non hanno nulla a che vedere con la tradizione di Destra, dobbiamo prendere atto di un fatto concreto: la Destra è … plurale.
Non esiste una Destra, ne esistono almeno sei: Liberale, Cattolica, Fascista, Sociale, Federalista, Nazionalista.
Tali sono i grandi filoni culturali della nostra Destra, con i loro percorsi, le loro esperienze, le loro connotazioni.
Alcuni di quei filoni possono essere poi ricondotti nel termine, desueto in Italia, di Conservatori e non escludo che si possa anche applicare per altri quello di Reazionari, avendo bene in mente che sono solo caselle, visto che in Italia c’è ben poco da conservare e che ci sarebbe invece molto contro cui reagire.
Il Sauro da tempo, e anche ieri, predica di non confondere i termini “liberale” e “conservatore”, in un frullato con quegli stessi termini che negli Stati Uniti e in Inghilterra, patrie delle democrazie più evolute e complete, indicano due fronti opposti.
Infatti quando si parla di “liberali” in Italia ci si riferisce a quel filone che aveva in Croce, Einaudi, Gaetano Martino, Malagodi, Sogno, Bignardi i suoi portabandiera, sicuramente non di sinistra come tanti “liberallibertari” di oggi.
Purtroppo una malattia che abbiamo in Italia è l’esterofilia.
Ci innamoriamo di un leader, sistematicamente straniero e sogniamo quanto sarebbe bello averlo da noi, arzigogolandoci sopra, senza tener conto che uno Sarkozy, piuttosto che un Reagan o una Thatcher, un Aznar o una Merkel, in Italia si troverebbero davanti alle stesse difficoltà che ha un Berlusconi e che si chiamano COMUNISTI.
Noi abbiamo l’handicap di aver avuto il principale partito comunista dell’Occidente e questo partito comunista, invece di morire come meritava, è stato salvato e tonificato dai “cattolici adulti” che hanno preferito allearsi con i suoi epigoni, facendo loro la respirazione “bocca a bocca” e portandoli al governo, al punto che sono proliferati e adesso di partiti comunisti ne abbiamo almeno 4: i DS, Rifondazione, il Partito comunista d’Italia e la nuova sinistra di Mussi, Angius e Salvi.
Per non parlare dei comunisti mascherati, che si annidano nei partitini come i verdi, o dei “comunisti combattenti” e delle frange border line come i no global e i pacifinti.
Questa è una situazione peculiare tutta italiana, alla quale bisogna dare una risposta tutta italiana.
E la risposta naturale, concreta, realistica è quella di un gioco di squadra tra le varie anime della Destra, grazie al quale si possano “occupare” quante più caselle possibile, in base alle proprie sensibilità, per caratterizzare un impegno e per operare in sinergia con le altre destre, dove gli eccessi di una, vengono temperati e contenuti dalle altre.
L’obiettivo di un gioco di squadra è quello di andare in rete, di fare goal, di segnare il punto grazie al contributo di tutti.
Ognuno è importante e tutti sono indispensabili per raggiungere il traguardo intermedio che è quello di vincere le elezioni per governare.
Traguardo intermedio, perché poi, una volta raggiunto, è necessario applicare un progetto condiviso da tutti e che sarà la risultante delle varie istanze, in base alla loro forza elettorale che può cambiare nel tempo.
Sarebbe sconsiderato e autolesionista per una sola Destra, in pieno delirio di autoreferenzialità e sopravvalutazione delle proprie forze, pretendere di piegare al proprio volere ed ai propri programmi le altre.
A ben guardare tutti i personaggi cari alla Destra esterofila, hanno saputo aggregare senza pretendere di imporre una visione assolutista e a senso unico di quella che dovrebbe essere una alleanza tra pari, sul piano della dignità, diversi solo dalla loro forza elettorale.
Mi sembra che in Italia si giochi invece all’autoreferenzialità, senza aver compreso che la politica è l’arte del possibile, una partita di calcio, piuttosto che una partita di tennis.
Quando le Destre impareranno a fare gioco di squadra senza retropensieri o riserve, allora la Grande Destra, quella che realizzerà in Italia ciò che i De Gaulle, le Thatcher, i Reagan hanno fatto nei loro paesi, sarà una realtà.

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17 maggio 2007

Federalismo o Secessione

Il frutto avvelenato della scelta cattocomunista di istigare i cittadini – soprattutto del Sud – al voto contrario nel referendum confermativo dell’anno scorso sulla Riforma Costituzionale del Centro Destra, comincia a manifestare i suoi effetti.
Per ora in piccolo, ma non si può dubitare che, rifiutata nel nome dell’interesse particulare la Devolution che era solo un primo passo verso un sano Federalismo, produrrà ulteriori devastazioni e spaccature in seno alla nazione.
Due settimane fa, quando eravamo tutti interessati alle vicende dei nostri vicini francesi, un gruppo di comuni dell’Altopiano di Asiago sono andati al voto e hanno chiesto di uscire dalla regione Veneto per entrare nella provincia autonoma di Trento.
Analogamente potrebbe fare la “Perla delle Dolomiti”, Cortina.
Perché questo ?
Perché, anche in virtù degli accordi internazionali, il Trentino Alto Adige (o Sud Tirolo come preferiscono chiamarlo nella provincia autonoma di Bolzano) beneficia di uno statuto speciale, più ... speciale delle altre quattro regioni a statuto speciale (Sardegna, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta).
Ingenti trasferimenti di fondi da Roma al TAA, portano a far sì che gli abitanti locali abbiano agevolazioni e benefits che gli abitanti delle altre regioni del Nord (con esclusione parziale di quelli delle altre due regioni settentrionali a statuto speciale) neanche si sognano, visto che gli abitanti di Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria ed Emilia Romagna versano a Roma più di quanto Roma versi loro.
C’è da dire che le somme arrivate in TAA sono state bene investite in infrastrutture, servizi e in tutto ciò che rende più gradevola l’essere parte di una comunità e che fondi ben maggiori, stanziati per le regioni del Sud, sono invece stati sperperati.
Da contribuente e da turista pluridecennale delle Dolomiti, non posso certo contestare l’uso che di quel denaro è stato fatto.
Da contribuente e da osservatore, però, contesto il fatto che non si voglia, nel terzo millennio, superare il concetto di “regione a statuto speciale” e si continui a trasferire ricchezza da poche regioni tartassate del Nord ad altre regioni, del Sud e del Nord, a vario titolo, ma pur sempre con spese che da un lato sono vanificate dalla corruzione e dalla incapacità, dall’altro rappresentano “pioggia sul bagnato” in una situazione che non ha più alcun bisogno di sovvenzioni romane.
A tutto questo la Riforma Costituzionale del Centro Destra avrebbe cominciato a por fine e non a caso le percentuali maggiori di voti contrari sono arrivate dalle regioni che beneficiano del lavoro altrui, senza particolari meriti propri.
Il segnale che Asiago ha dato è chiaro: non siamo legati ad una comunità che non ci aiuta.
E’ quel che qui si è sempre sostenuto: una comunità statuale ha senso in quanto rappresenti un momento di reciproco interesse.
Quando, anno dopo anno, è sempre uno che paga e un altro che raccoglie, allora viene meno la ragione di essere uno stato.
Dalla secessione di comuni per andare da una regione ad un’altra, alla secessione di intere comunità perché non hanno più alcun interesse a far parte di un unico stato con altre, il passo è breve.
E perfettamente legittimo.

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16 maggio 2007

Conflitto di interessi:una bufala stalinista

Dopo le sonore sberle ricevute dalla sinistra con il Family Day di sabato 12 e con le elezioni siciliane di domenica 13 e lunedì 14, i cattocomunisti rilanceranno, dalla disperazione, l’asso che, a loro avviso, consentirebbe di eliminare dal gioco politico il più forte e accreditato dei loro avversari: il Presidente Silvio Berlusconi.
Il loro asso (semprechè non si riveli come il poker d'assi che Craxi diceva di avere all'inizio di tangentopoli) è il conflitto di interessi.
Sono 13 anni che ce la menano con questa bufala del conflitto di interessi.
Nella loro prima esperienza di governo hanno pensato di non fare nulla con il retropensiero di tenere in scacco Berlusconi.
Si dicevano: nessuna legge, così possiamo scatenare le ire contro di lui senza passare per antidemocratici che gli precludono la possibilità di candidarsi ed essere eletto.
E’ andata loro male, malissimo: gli Italiani hanno dimostrato che a loro del conflitto di interessi non … interessava nulla, anzi che un imprenditore di successo era garanzia di efficienza (o minore inefficienza) rispetto ai burocrati di stato o di partito.
Hanno passato cinque anni a squittire sul conflitto di interessi (che è stato regolato da una legge del Centro Destra – Frattini – precisa ma non vessatoria) e adesso, gettata la maschera democratica, riprendono lo stile stalinista che è loro più congeniale: eliminare i nemici.
Fisicamente non possono più (o ancora …) farlo, quindi cercano di impedire loro – e a Silvio Berlusconi prima di tutti – di poter raccogliere il voto del Popolo.
Ieri abbiamo visto come, con un semplice articolo di due righe, si potranno sanare le cose che la sinistra riuscisse ad adulterare.
Oggi un breve pensiero ispirato dal solito Marcello Veneziani.
Veneziani, infatti, in Libero del 10 maggio scorso, scriveva, tra l’altro “Avrà letto Napolitano il testo della legge Gentiloni sul conflitto di interessi. A me si è accapponata la pelle. E non perché mette fuori gioco Berlusconi, ma proprio per quel che dicono i suoi difensori, che la legge non è fatta per Berlusconi ma si estende a tutti. Pensate, chi ha un patrimonio di 15milioni di euro non può scendere in politica, deve vendere o affidarlo a un blind trust , cioè perdere il controllo dei suoi beni. Solo un pazzo può scendere in politica. Come dire che un imprenditore, un vero benestante, non può far politica. Non rientro tra questi, ma reputo questa legge liberticida, giacobina e veramente comunista, anche se nasce nel segno della Margherita. Ma si rende conto, presidente, che anche in questo caso è violata la Costituzione? I ricchi non hanno gli stessi diritti civili degli altri, non possono far politica. Altrove ho fatto una proposta paradossale ma assolutamente lecita, se è lecito il testo Gentiloni: tutti coloro che hanno un reddito basso non possono entrare in politica perché sono potenzialmente corruttibili, perché vogliono arricchirsi. Se chi è ricco di suo non può far politica, per evitare il conflitto di interessi, può valere anche il contrario, che chi non è ricco di suo voglia arricchirsi attraverso la politica e dunque è un pericolo pubblico. Il testo del governo premia i politicanti e punisce chi produce, ha attività fiorenti e redditi alti; e punisce chi dichiara al fisco i suoi averi rispetto a chi evade, fa il furbo, lavora sotto falso nome, o intestando a società”.
Tutto vero, verissimo.
E agli Italiani bisognerebbe chiedere:
preferite che al governo vada uno già “sazio” e che, semmai, mette a disposizione anche le sue proprietà private e conoscenze per dare lustro all’Italia nel mondo, oppure una mandria affamata di burocrati, magari con una squadra di calcetto di fratelli e una legione di nipoti da “sistemare” ?

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15 maggio 2007

Berlusconi faccia come Erdogan

Ricordate la vicenda del partito islamico in Turchia ?
L’intervento dei militari.
L’arresto di Erdogan.
La promulgazione di leggi ad hoc perché gli fosse reso impossibile candidarsi e diventare primo ministro.
Quindi le elezioni, vinte dal partito islamico.
Cosa fece Erdogan ?
Fece nominare il suo fiduciario Gul primo ministro.
Il primo atto del nuovo governo fu di revocare le leggi che impedivano ad Erdogan di diventare premier.
Approvate e promulgate, Gul si dimise ed Erdogan diventò, come era giusto che fosse, primo ministro.
La sinistra in Italia agisce come i militari turchi per impedire a Berlusconi di fare politica, dimostrando di possedere un singolare concetto di democrazia, visto che vuole impedire al Popolo di votare il candidato che preferisce.
Perché, allora, Berlusconi non potrebbe agire come Erdogan?
Elezioni (quando sarà, sarà, anche se per la la salute dei nostri portafogli sarebbe meglio che si fossero tenute … ieri).
Berlusconi non potrà candidarsi perché glielo hanno impedito con una legge ad hoc, contra personam ?
Nessun problema.
Diventi primo ministro un suo fiduciario (Letta piuttosto che Frattini, Bondi piuttosto che la Gardini, non ha importanza).
Si faccia subito una legge di un solo articolo:
Sono abrogate tutte le leggi approvate durante il governo Prodi” (così facciamo tabula rasa e si ricomincia dopo aver fatto pulizia anche sotto i tappeti).
Berlusconi torna a ricoprire il ruolo che è suo: Premier.

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14 maggio 2007

Spegnere la Rai per spegnere la sinistra

Caratteristica evidente e persistente nella sinistra è l’uso privato di soldi altrui.
Lo abbiamo visto sin dal primo centrosinistra negli anni sessanta, quando hanno cercato di arricchire le proprie clientele con le nazionalizzazioni, con l’uso improprio dell’Iri (geniale intuizione del Duce per lo sviluppo e l’industrializzazione di una nazione arretrata, rovinata nel dopo guerra e trasformata in carrozzone assistenzialista), lo abbiamo visto negli anni del compromesso storico strisciante con la spartizione di ogni poltrona secondo il manuale Cencelli, lo abbiamo rivisto nel quinquennio 1996-2001 quando mentre tutto il mondo progrediva, da noi la sinistra si limitava a galleggiare sui meriti altrui ed a occupare tutto l’occupabile, torniamo a rivedere lo stesso, stucchevole film oggi, con la sinistra che ha raggiunto il potere nel modo dubbio che sappiamo e che non finiremo di contestare nella sua legittimità di fondo.
E’ da nemmeno un anno che un governo stitico nella sua maggioranza e ormai sfiduciato e rifiutato dal Popolo, ha preso una serie di provvedimenti che vanno tutti nella direzione indicata.
- le presunte “liberalizzazioni” di Bersani che altro non sono che una collettivizzazione forzosa di guadagni privati, un impoverimento di categorie produttive, per fare spazio alle loro clientele che, nella libera concorrenza, non erano in grado di emergere (ogni riferimento all’evidente posizione di favore conseguita dalle coop è voluto). Il tutto senza la necessaria reciprocità (cioè la possibilità per i punti vendita (benzinai, piuttosto che farmacisti) di proporre, a loro volta, alla clientela tutti i prodotti che che troviamo nelle coop.
- Le interferenze in economia dove sono stati smaccatamente favoriti, in acquisizioni e fusioni, i loro sodali, non solo di partito, ma anche di uso privato di soldi altrui (i vari manager bancari, ad esempio, che mettono in atto operazioni come la fusione Intesa Sanpaolo, la ipotizzata fusione Unicredit Capitalia, o l’acquisto della Telecom o dell’Alitalia, non rischiano nulla in proprio, perché usano i soldi degli azionisti, visto che la loro - altissima – remunerazione se la stabiliscono a tavolino in gran parte a prescindere dai risultati effettivi e il tutto si risolve con maggiori oneri per fornitori, clienti e dipendenti).
- L’approvazione di disegni di legge che comportano comunque esborsi di denaro pubblico a fronte di ritorni meramente ideologici: di.co, piuttosto che le rapine fiscali o la controriforma delle comunicazioni o l’inventato conflitto di interessi.
Ed è proprio sulla televisione che emerge quanto la sinistra ami sperperare e “rischiare” con i soldi altrui, in questo caso con i nostri soldi.
Invece di metter mano – o far metter mano ai “suoi” miliardari – al proprio portafogli e aprire una televisione che si metta in competizione onesta e paritaria con Mediaset, occupano la Rai in un dejavù che ha lo stesso sapore della decima replica di un film giallo.
Da un lato si propongono di impedire lo sviluppo di Mediaset, imponendo ostacoli, lacci e laccioli ad una azienda che è tra le poche in Italia che crea ricchezza e posti di lavoro senza ricorrere agli aiuti di stato (cioè ai nostri soldi).
Dall’altro, non paghi di aver occupato tutte le cariche istituzionali, si apprestano a riportare la Rai all’interno del loro sistema spartitorio.
Ricordo velocemente come, nel precedente quinquennio cattocomunista fu lasciata al Centro Destra la sola direzione del TG2, affossando i conti della Rai, mentre nel quinquennio di Governo della Casa delle Libertà, alla sinistra fu lasciata una intera rete (Rai3) con annesso TG3, restituendo agli italiani una Rai che primeggiava negli ascolti e in avanzo di bilancio.
Non solo, ma la Riforma Gasparri ha consegnato la presidenza Rai alla sinistra (allora all’opposizione) mentre i cattocomunisti si guardarono bene dal fare altrettanto.
Adesso, con la sfiducia dichiarata da Padoa Schioppa nei confronti del Consigliere Petroni, la sinistra si appresta ad una nuova rapina, travalicando persino una legge esistente, cambiando artificiosamente (e probabilmente illegittimamente) la maggioranza del CdA Rai, mantenendone però la presidenza.
Padoa Schioppa probabilmente è costretto ad agire in modo che fa torto a quella che tutti dicono essere la sua intelligenza (che però è emersa ben poco in questo anno) per dare uno zuccherino alla sinistra massimalista che ce l’ha con lui per via delle sue esternazioni sulle pensioni.
Resta il gravissimo fatto di una volontà pervicace di impedire al Centro Destra di far giungere il proprio messaggio agli Italiani, con l’’evidente intento di ammorbare l’etere con le manipolazioni e le menzogne di cui la sinistra è maestra.
Abbiamo la possibilità di reagire.
Nel programma della CdL ci sia, senza equivoci o ritardi, la privatizzazione, rapida e a prezzi di mercato, della Rai, così si elimina uno dei principali carrozzoni clientelari.
Ma, nel frattempo, ognuno di noi può contribuire al fallimento della Rai statalizzata e cattocomunistizzata, senza alcun rischio o costo, evitando di guardarne i programmi, dedicandosi a Mediaset o a reti alternative (satellitare e private).
In questo modo i pubblicitari non avrebbero alcun motivo per comprare spazi di pubblicità in Rai e il bilancio del carrozzone diventerebbe un colabrodo insopportabile.
Spegnere la Rai per spegnere la sinistra.

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11 maggio 2007

Nella famiglia la rinascita morale di una nazione

Domani 12 maggio, alcune associazioni cattoliche hanno organizzato una “family day”, in difesa della famiglia, nucleo fondante di ogni società.
E in questo “ogni società” c’è tutta la laicità della famiglia.
Il family day, infatti, non è un modo per “portare acqua” ad una religione, ma è una, prima, iniziativa per ripristinare un Valore di cui da sempre l’Uomo beneficia: la famiglia.
La famiglia c’era prima di Cristo e c’è oggi.
Vorrei ricordare la figura romana del Pater Familias, con i suoi diritti e i suoi obblighi.
In ogni casa c’era l’altare con quelli che erano gli Dei autoctoni dell’Italia: i Lari e i Penati, cioè i geni protettori della casa e della famiglia.
Ed è con la famiglia e nella famiglia che, sin dagli albori dell’Umanità, si formano le persone.
Il Cristianesimo e la Chiesa cattolica, altro non hanno fatto che recuperare e inquadrare nella dottrina il ruolo della famiglia.
Ma la famiglia, proprio per la sua natura di fondamenta di una società sana, subisce gli attacchi da parte di chi questa società vuole distruggere.
E’ un po’ come i terroristi che cercano di abbattere un palazzo usando la dinamite collocata sui piloni portanti dell’edificio.
L’attacco alla famiglia viene portato su più fronti.
Minando l’Autorità dei genitori, in primo luogo.
Inculcando nei più giovani l’insofferenza verso il rispetto dovuto al padre ed alla madre che con i loro divieti e le loro raccomandazioni, sono certamente “noiosi”, ma finalizzano il tutto all’educazione delle nuove generazioni, in un compito essenziale per l’intera società.
Ma anche sottraendo parte del compito educativo trasferendolo su un organismo estraneo, la scuola.
In questo modo ai nostri figli vengono proposti insegnamenti che vanno ben al di là di ciò che è legittimo (penso, ad esempio, alla mania di proporre canzoni resistenzialiste ai bambini delle elementari inculcando loro una visione distorta della nostra Storia patria).
L’attacco più devastante è però quello cui assistiamo, quello in cui si disgrega l’essenza stessa della famiglia composta alla base da un uomo e da una donna, per proporre improbabili formule alternative che hanno, però, un unico risultato: rendere orfani i nostri ragazzi, privarli di quella educazione di base che solo una famiglia vera può dare.
Nella famiglia, nella famiglia tradizionale, nella famiglia sana, è il futuro della nostra società.
Come lo era duemila anni fa in Roma, così lo è oggi nel mondo.
Ben vengano le manifestazioni a favore della famiglia è il segno di una riscossa, di una reazione alla deriva morale.
E’ il segno della volontà di rinascita.

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10 maggio 2007

La sinistra ci rifila pensioni più basse

Uno dei punti programmatici (?) delle idee sinistre su come distruggere una nazione, era l’abolizione, senza “se” e senza “ma” del famigerato “scalone” Maroni, quello che, dal 2008, sposterà a 60 gli anni per andare in pensione per poi procedere fino ad arrivare a quota 62.
Era ed è pura demagogia, solo una bistecca lanciata alla triplice perché abboccasse e avesse un motivo per abbindolare i lavoratori e indurli a votare, contro il loro interesse, a sinistra.
Con una faccia di tolla che tutti riconoscono a Prodi, siamo arrivati ormai ad un anno di governo di sinistra e sono ancora fermi a discutere.
Il punto è che i maggiori oneri dell’abolizione dello scalone devono essere compensati e c’è un solo modo: intaccare, al ribasso, i coefficienti, cioè farci andare in pensione con una rendita molto più bassa.
Praticamente portare gran parte degli italiani al limite dell’indigenza.
Perché quella è la strada che, dalle indiscrezioni giornalistiche, sembra sia intrapresa dalla sinistra.
In pensione prima, ma senza godercela, perché tutti più poveri.
Poi, anche “in pensione prima” è tutto da vedere, perché l’anticipo di soli 3 anni della quota 60, per poi proseguire verso i 62, significa che solo una minima parte dei lavoratori potrà realmente usufruirne, gli altri saranno cornuti (in pensione dopo) e razziati (con una rendita inferiore).
E che dire dei più giovani, quelli entrati nel mondo del lavoro dall’1 gennaio 1996 e che già sanno che le loro pensioni saranno per almeno un quarto più basse di quelle di chi li ha preceduti, a causa del sistema contributi integrale ?
Se questa è la sinistra che tutela le classi lavoratrici, allora credo sia preferibile il Rockerduck che cerca il massimo profitto: almeno sappiamo chi è e come si muove un nemico dichiarato.
Se la riforma Maroni aveva ottenuto l’approvazione persino dell’europa.
Se la riforma Maroni aveva conseguito quei risparmi che, cambiandola, si potrebbe conseguire solo con pensioni più basse.
Perché cambiare ?
Solo per appagare un istinto (bestiale) ideologico ?
Perché invece non fare un bel referendum (ecco un referendum utile !) per chiedere loro:
preferite andare in pensione prima con una pensione più bassa o dopo con una più alta ?
Perché questa è la vera alternativa: prima più poveri, dopo più dignitosi.
Ma, soprattutto, perché non ribaltare completamente il concetto dei “limiti” e dire: si può andare in pensione, quando si vuole, all’età che si vuole e percependo una pensione rapportata ai contributi effettivamente versati.
Così ognuno si fa i suoi conti e decide il da farsi: liberi di scegliere.


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09 maggio 2007

Oltre al danno la beffa

Naturalmente parlo di tasse.
E’ periodo di dichiarazione dei redditi.
Naturalmente, dopo aver anticipato i termini di presentazione, è arrivata puntuale la proroga.
Ma non è questo il danno e neppure la beffa.
Nel febbraio scorso è deceduto mio padre, quindi sono obbligato, quale erede, a presentare a suo nome la dichiarazione dei redditi 2006 (e altrettanto dovrò fare il prossimo anno su un solo mese del 2007).
Non posso presentare il 730, ma solo il modello unico.
Anni fa, il predicatore del Quirinale, quello che da giovane aggredì a male parole una signora perché aveva un decolté troppo accentuato e oggi, con le pruderie della senilità, è dalla parte di chi vorrebbe le unioni tra omosessuali, aveva tuonato contro la “dichiavazione lunave”.
Ma le cose non sono migliorate, anzi con la finanziaria 2007 che ha anticipato i termini, previsto l’inserimento di quanto pagato nel 2006 per l’Ici e imposto l’anticipo sul 2007 dell’addizionale comunale, siamo decisamente peggiorati.
Per una dichiarazione che constava di:
nr. 2 Cud (la pensione di mio padre e la reversibilità di mia madre)
nr. 3 ricevute di visite specialistiche
appartamento di abitazione

sono stato costretto a munirmi di calcolatrice e rispolverare antiche pratiche matematiche.
Il contribuente che volesse rendere la sua onesta dichiarazione senza ricorrere a professionisti pagati e senza dover perdere tempo nei Caf finanziando i sindacati, deve leggersi un fascicolo di 120 pagine !!!
Continui rimandi alle appendici, tabelle, formulette del tipo

canone totale x singola rendita
totale delle rendite
.

O, ancora,

RP1,col 1 e 2, + RP2 +RP3
4

Oppure

26000 + deduzione teorica + RN2 + RN3 –RN1 col 2
26000

Il tutto magari, per arrivare ad un importo di 9 euro che non si paga perché inferiore ai 12 euro limite che fa scattare l’obbligo di pagamento (immediato) o di rimborso (l’anno che verrà).
Poi propongono trasmissioni scandalizzate sull’evasione ?
Ma è ovvio che, piuttosto che affrontare simili cimenti, uno cerca di evitare di aver un qualsivoglia rapporto con il fisco.
L'evasione la incentivano quelli che elaborano simili insulti al buon senso !
Capisco che si debba anche giustificare l’abnorme quantità di personale immesso nella pubblica amministrazione, creando artificiosamente tanto lavoro derivante dai piccoli errori materiali cui, inevitabilmente si incorre.
Ma si rendono conto i gabellieri assatanati che ad ogni dichiarazione dei redditi corrisponde un calo repentino della fiducia nello stato ?
E che senso ha il pagamento di una serie di tasse sulla casa di abitazione ?
Ici, tassa sui rifiuti, obbligo comunque di denuncia nei redditi.
E che senso ha obbligare i contribuenti a fare i calcoli, percentuali, applicare formulette, quando ci si dovrebbe limitare a dichiarare e poi essere l’amministrazione dello stato a chiederti l’importo (con possibilità di ricorrere se ci sembra sbagliato).
Ha un solo significato: vessare, trattando il cittadino come un suddito del quale non ci si può fidare.
Allora la soluzione è una sola: rivoluzione fiscale.
Flat tax.
Basta con formulette ed equazioni, percentuali e detrazioni.
Si dichiari tutto ciò che si ha.
Sia esentata la casa di abitazione da ogni genere di imposta.
Si possano mettere in detrazione tutte le spese sostenute, mediche, ma anche l’idraulico che ha rifatto il tuo bagno o l’elettricista che ti ha rifatto l’impianto, e che sia l’ipertrofica amministrazione dello stato a comunicarti,come già pure fa con la tassa sui rifiuti, l’importo da pagare.
E’ ora di smetterla con il fisco che alimenta solo contenziosi e sfiducia.
Volete veramente abbattere l’evasione ?
Siate giusti nel quantum delle tasse (il danno) ed evitate che si debba anche impazzire (la beffa) per pagare le vostre esose gabelle.

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