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17 agosto 2005

Carosello:non è vero che tutto fa brodo



Se una generazione rappresenta temporalmente un periodo di 25 anni, Carosello ha cresciuto una generazione quasi completa.

Il 3 febbraio 1957 la sua apparizione (ma la data in cui doveva andare in onda era il 1° gennaio 1957) e l’ultimo Carosello è del 1° gennaio 1977.

Venti anni.
Tanti quanti ne occorsero ai Tre Moschettieri per ritrovarsi, invecchiati e con tante avventure alle spalle.

Una intera generazione è nata e cresciuta con Carosello.

8 anni di scuola dell’obbligo, 5 anni di superiori e 4/6 anni di università.
Venti anni, circa
.

I ricordi di Carosello sono indissolubilmente legati ai propri e sarebbe fare un torto stilare delle classifiche di quelli che oggi chiameremmo “spot”, ma erano autentiche perle televisive, storie complete, o a puntate, che relegavano la pubblicità del prodotto ai soli secondi finali (pochi o tanti a seconda degli accordi annuali stipulati), tutte racchiuse in un massimo di tre minuti.

E, quindi, solo per quel che mi riguarda non posso negare la prima citazione al Carosello della Chinamartini, con due grandissimi attori di teatro come Ernesto Calindri (che ottenne la celebrità con un’altra pubblicità, quella del Cynar che, “contro il logorio della vita moderna”, beveva, anzi, sorseggiava tranquillamente seduto ad un tavolino posto in mezzo ad una strada di grande traffico, incurante delle automobili che “sfrecciavano” da ogni parte) e Franco Volpi (grande caratterista, di cui qui mi piace ricordare nell’interpretazione del procuratore gerarchicamente superiore, ma che pendeva dalle sue intuizioni, al Maigret di Gino Cervi).
Una pubblicità quella di Chinamartini che vedeva i Nostri lanciare il tormentone del “dura minga, dura no”, benpensanti di varie epoche (sin da quella preistorica, con Volpi che dice a Calindri “ha sentito che dicono di aver inventato la ruota?” e Calindri di rimando “sì ho sentito, ma …dura minga”) che con tono di sufficienza manifestavano scarsa considerazione per le innovazioni di cui venivano a conoscenza.
E poi il Carosello di Negroni, autentici mini film western, con “la stella di sceriffo a difesa della legge, la stella di Negroni a difesa della qualità” e il ritornello di prammatica: “le stelle sono tante, milioni di milioni, la stella di Neuroni, vuol dire qualità”.

E il mio podio personale si completa con il genere “giallo” : l’Ispettore Rock, Cesare Polacco, che smaschera tutti i criminali ma … anche lui ha fatto un errore: non ha mai usato la brillantina Linetti e così mostra, contrito, il cranio lucido, quando ancora non era di moda il taglio a zero e il tenente Kojak non aveva dato lustro ai … calvi polizieschi.

E poi tanti altri, da Salomone pirata pacioccone, con i suoi compari, sempre alla ricerca del tesoro di cui grazie all’Amarena Fabbri, che fa parlare meglio di una tortura, viene a conoscere l’ubicazione, all’Alemagna di Gilberto Goviullallà è una cuccagna”.


Lavazza/Paulista con il caballero misterioso che cerca la bellissima donna che ha visto sul giornale e “s’ode un grido nella pampa: Carmencita abita qui ?”.




La Philco del pianeta Papalla e “Ava come lava” con il pulcino “piccolo e nero”. Nero ? Noooooo, solo sporco (battuta che oggi sarebbe impensabile, perché piacevolissimamente, politicamente scorretta !).



La Cera Liù di Gregorioer fusto der Pretorio, fa’ la guardi nun mè piace, c’ho du metri de torace” e i vari oli, Bertolli e Dante.

E tanti altri per circa 70 ore di programmazione, raccolta alcuni ani fa in una trasmissione rievocativa “Carosello Carosello”.

Non è vero che tutto fa brodo.

Difficilmente, trent’anni dopo, si ricorderanno le pubblicità “senz’anima arrivate dopo la chiusura di Carosello, voluta nel pieno del compromesso storico, quando venne fuori la azzeccatissima battuta che voleva che in RAI, su dieci assunti, quattro fossero DC, tre PCI, due PSI e uno … bravo.

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